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Questo articolo è stato pubblicato il 27 aprile 2014 alle ore 08:14.

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Non è affatto vero, diciamolo subito - come suggerisce il titolo dell'ultimo e gustoso libro di Arrigo Petacco -, che La storia ci ha mentito. Sono i giornalisti alla ricerca dello scoop, i testimoni o i protagonisti interessati ma anche, in qualche caso, gli storici attenti alle ragioni della politica e non a quelle della ricerca, coloro che accreditano "grandi menzogne" destinate a diventare icone o vulgate storiografiche o anche vere e proprie leggende. È sempre stato così e, con molta probabilità, le cose non cambieranno. Soprattutto in periodo bellico perché, come diceva Winston Churchill, «durante una guerra la verità è così importante che occorre nasconderla dietro una cortina di bugie». E, a guerra finita, certe cose diventano scomode. I conflitti, insomma, sono generatori di "menzogne" che vengono trasformate in "verità" e consegnate alle pagine dei libri di storia o all'immaginario collettivo.
Il saggio di Arrigo Petacco è un piacevole excursus tra le "menzogne" più accreditate e i "misteri" più chiacchierati della seconda guerra mondiale. Più che un libro di storia nel senso proprio del termine o un testo revisionista della "vulgata" storiografica imposta dai vincitori, è un tentativo onesto di rivisitare gli avvenimenti mostrandone i lati nascosti o controversi. Così, per esempio, parlando della guerra di Spagna ci rivela che Arthur Koestler, il futuro autore di Buio a mezzogiorno, allora fedele stalinista, scriveva reportage per la Tass sotto il controllo di un funzionario comunista alterando i fatti. Oppure, a proposito dell'alleanza fra Italia e Germania, sottolinea come essa non fosse una inevitabile conseguenza della affinità tra fascismo e nazismo, ma piuttosto il risultato di una politica che egli definisce "miope" delle democrazie. O, ancora, ci ricorda come, all'inizio del conflitto mondiale, dopo l'aggressione tedesca alla Polonia e l'intervento di Francia e Gran Bretagna in difesa del paese aggredito, per alcuni mesi, si ebbe una drôle de guerre, una guerra stramba cioè, senza scontri, con eserciti contrapposti che si scrutavano senza che partisse un solo colpo di fucile, mentre la vita continuava con il solito ritmo nelle grandi capitali.
Petacco suggerisce una rilettura di alcuni "misteri" insoluti: le motivazioni del volo di Rudolf Hess in Germania o il contenuto della valigia che il Duce aveva con sé a Dongo al momento della cattura o, ancora, il fantomatico carteggio Churchill-Mussolini sulla cui esistenza ancora si dibatte. Inoltre propone interpretazioni controcorrente. Un esempio solo: egli afferma che il 25 luglio 1943 Mussolini non fu tradito dai gerarchi dissidenti: «se tradimento vi fu, fu lo stesso tradito a farsi tradire». Potrebbe sembrare una boutade, ma ricerche recenti hanno concluso che il Duce aveva visto nell'o.d.g. presentato da Dino Grandi il "male minore", recuperabile attraverso il rapporto con Re, rispetto all'o.d.g. di Roberto Farinacci che puntava a dare tutto in mano ai tedeschi. Che le cose siano andate diversamente e che Vittorio Emanuele III, ormai deciso a liquidarlo, lo abbia fatto arrestare è altro discorso. L'episodio dimostra come il libro di Petacco, al di là della sua godibilità, sia un invito a non dare per scontate le certezze consolidate perché la storia è una dea dai mille volti.
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Arrigo Petacco, La storia ci ha mentito, Mondadori, Milano, pagg. 210, € 19,00

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