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Questo articolo è stato pubblicato il 29 aprile 2014 alle ore 06:37.
L'ultima modifica è del 19 giugno 2014 alle ore 15:20.

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In vista della riunione convocato dal presidente del Consiglio Renzi per domani, 30 aprile, a Roma, il mondo del lavoro e dell'impresa veneziana torna a prendere posizione sul transito delle grandi navi nel bacino di San Marco: ne risulta un coro «unanime e coeso per segnalare disagio e preoccupazione. Ad oggi, nonostante le ripetute richieste, le istituzioni locali non hanno ritenuto di considerare le istanze che rappresentiamo – si legge nella lettera aperta firmata da Confindustria Venezia, sindacati, Camera di commercio, sigle dell'artigianato e del commercio –. Prendiamo le distanze da chi alimenta paure e disinformazione».

Nel messaggio al premier scorre l'elenco dei punti fermi «che riteniamo elementi chiave per ogni decisione. A cominciare dalle ricadute economiche e occupazionali di una scelta – la sospensione del transito in attesa di una soluzione strutturale – che vada di fatto a impedire il mantenimento e lo sviluppo dell'economia crocieristica». Una economia che vale «migliaia di lavoratori: si stimano oltre 4.200 unità solo nella filiera diretta, pari al 4,1% degli occupati nel comune di Venezia, e centinaia di imprese piccole e medie collegate alla crocieristica. Accanto a queste ci sono i lavoratori di comparti come turismo, commercio, logistica e servizi, che hanno ricadute indirette ma significative dalla presenza delle grandi navi».

Gli studi citati vedono, ultimo in ordine di tempo, il rapporto commissionato dall'Autorità portuale di Venezia che calcola in «oltre 280 milioni il valore della crocieristica in termini di acquisti diretti di beni e servizi locali. L'impatto della perdita anche parziale di questa economia si stima in oltre 2.500 posti di lavoro, persi fin da subito in caso di limitazione del transito a navi di piccole dimensioni (fino a 96mila tonnellate, ndr). Chi si accollerà, eventualmente, questo ulteriore colpo a un territorio già drammaticamente colpito dalla recessione?».

Fra le certezze richieste c'è il ruolo della Marittima: «Non può essere messa in discussione la centralità di una struttura che ha visto proprio in questi giorni il completamento di decenni di investimenti. Si pone quindi il problema del "come" arrivare alla Marittima: ci sentiamo di affermare che la scelta di vie alternative non può interferire con i traffici commerciali, che hanno per riferimento Marghera e gli sforzi per il suo rilancio produttivo. Se Venezia è arrivata a essere tra i primi homeport mondiali, terzo porto crocieristico del Mediterraneo, è anche perché ha saputo integrare il suo "brand" con infrastrutture logistiche di prim'ordine. In caso di scelte non conseguenti e responsabili – è la conclusione – la perdita del ruolo centrale di Venezia, a vantaggio di altri porti non italiani, rischierebbe di creare un effetto domino con inevitabili ulteriori perdite economiche e occupazionali».

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