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Questo articolo è stato pubblicato il 29 aprile 2014 alle ore 06:38.
L'ultima modifica è del 19 giugno 2014 alle ore 15:21.

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È partito ieri sia da Washington che da Bruxelles un inasprimento delle sanzioni contro la Russia. A giudicare dai comunicati non si tratta ancora di quelle sanzioni che «potranno far male», come aveva detto tempo fa Barack Obama quando anticipava la possibilità di imporre restrizioni durissime nel settore energetico. Ma vi è, da parte americana, il congelamento di beni patrimoniali e il divieto di visti di viaggio per l'America per sette funzionari russi di altissimo livello molto vicini al presidente Putin e il blocco dei conti esteri per 17 aziende. Tredici aziende russe avranno ulteriori restrizioni sul fronte commerciale e non potranno ottenere direttamente o indirettamente beni americani, soprattutto nel settore dell'alta tecnologia.
Nella lista ci sono alcuni nominativi, anche importanti, come quello di Igor Sechin, presidente della Rosneft, la compagnia petrolifera controllata dal governo russo. Fra coloro nel mirino americano ci sono anche Dimitri Kozak, un vice primo ministro, Aleskei Pushkov, il capo della commissione Esteri della Duma e Viacheslav Volodin, vice capo di gabinetto di Putin. Non è stato invece incluso almeno per ora Aleksei Miller, capo di Gazprom.
Questa scelta ha colpito perché la Rosneft lavora molto da vicino con la ExxonMobil americana: i due colossi hanno siglato numerosi progetti di joint venture e le misure finiranno anche per danneggiare l'azienda americana. Un nome eccellente nel mirino è quello di Gennady Timchenko, ben 11 aziende colpite, incluso il Volga Group, fanno capo a lui. Timchenko è anche il co-fondatore del gruppo Gunvor, una società che opera nel settore del commercio di petrolio dietro la quale si nasconde secondo il Tesoro americano un importante pacchetto di investimenti che fa capo direttamente a Vladimir Putin. Due le banche colpite: InvestCapitalBank e SMP Bank, controllate da Arkady e Boris Rotenberg, oltre a tre filiali di Bank Rossija.
Barack Obama ha parlato dalle Filippine, dove sta per chiudere il suo viaggio asiatico, e ha confermato che la porta per il negoziato diplomatico resta aperta: «L'accordo di Ginevra è stato di fatto stracciato - ha detto il presidente americano -, dobbiamo puntare a una de-escalation, ma la Russia finora non ha mosso un dito». Jack Lew, il segretario al Tesoro, ha anticipato che queste sanzioni da sole danneggeranno l'economia russa: «È un'economia già in forte rallentamento, abbiamo visto una accelerazione della fuga dei capitali dalla Russia, il costo per l'indebitamento è aumentato e assistiamo a una caduta della fiducia da parte dei mercati. L'azione che abbiamo annunciato in coordinamento con l'Europa lascerà il segno».
L'Europa ha annunciato da Bruxelles di aver aggiunto altri 15 nomi nella lista di personalità russe coinvolte nella crisi ucraina e in particolare nell'annessione della Crimea alla Russia. La decisione è stata presa ieri a Bruxelles dai rappresentanti permanenti dei Ventotto durante una riunione straordinaria. Già a metà aprile i ministri degli Esteri si erano messi d'accordo per selezionare nuove persone a cui proibire l'ingresso in Europa e a cui sarebbe stato imposto il congelamento delle loro attività finanziarie nei paesi dell'Unione.
La lista dovrebbe essere pubblicata oggi ed entrare in vigore immediatamente, portando il totale delle personalità colpite da sanzioni a 48. In marzo, l'Unione europea ha tratteggiato un piano sanzionatorio contro la Russia in tre tappe. La prima ha provocato la sospensione di negoziati economici; la seconda ha fatto scattare sanzioni contro 33 persone; la terza prevede controverse misure economiche, che molti paesi continuano a non volere.
«La nuova lista comprende persone vicine al presidente Vladimir Putin», spiegava ieri un diplomatico europeo. «I rappresentanti hanno avuto una discussione ad ampio raggio, mostrando la divisione di sempre. Gli alleati più stretti degli Stati Uniti, in particolare i paesi baltici, insistono per un atteggiamento sempre più duro. Altri chiedono maggiore cautela». L'Italia vorrebbe che il recente accordo di Ginevra restasse la base del negoziato con la Russia.
Nella città svizzera, Usa, Ue, Russia e Ucraina si erano accordati tra le altre cose per il disarmo delle milizie pro-russe in Ucraina, ormai in piena guerra civile. «La fase III delle sanzioni rimane l'extrema ratio», ribadisce il diplomatico. Anche i paesi più morbidi nei confronti della Russia si rendono conto che è sempre più difficile essere ben disposti nei confronti di Mosca se sul terreno non cambia nulla.
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