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Questo articolo è stato pubblicato il 30 aprile 2014 alle ore 11:29.
L'ultima modifica è del 30 aprile 2014 alle ore 13:06.

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È morto alle 5.30 a Perugia, in un'alba che non poteva essere più triste. Neanche le ultime cure e i disperati tentativi di nuove operazioni al midollo sono riusciti a strappare alla morte Roberto Mancini, 54 anni, romano, Servitore dello Stato prima nella Criminalpol e poi come consulente dal 1997 al 2001 della Commissione parlamentare sul ciclo illegale dei rifiuti.

Quello che i magistrati della Dda di Napoli – che hanno istruito processi e fatto condannare criminali per disastro ambientale – hanno scoperto finora sulle centinaia di migliaia di tonnellate di rifiuti tossici sversati nell'ormai famosa "terra dei fuochi" si deve in buona parte a quest'uomo testardo e deciso che ha visto sì riconosciuta la sua malattia (un tumore ai linfonodi) legata a cause di servizio ma mai pienamente collegata a quelle centinaia di ispezioni, sopralluoghi e viaggi tra discariche e siti inquinati. Recentemente la sua battaglia era stata indirizzata al riconoscimento di un risarcimento da parte della Camera dei deputati, della quale la Commissione è diretta rappresentanza ma non era riuscito ad avere piena soddisfazione.

«L'ho conosciuto in tempi non sospetti – ricorda ora al sole24ore.com Peppe Ruggiero, di Legambiente Campania, autore nel 2007 del documentario "Biùtiful cauntri", tra i primi a denunciare lo scempio ambientale nella provincia di Caserta – e il primo dossier di Legambiente sul traffico dei rifiuti fu scritto insieme a lui. All'epoca era straordinariamente attivo nella Criminalpol. Fu il primo, Mancini, a denunciare il meccanismo che legava i clan ai colletti bianchi».

Già negli anni Novanta, infatti (si veda solo come esempio questo stralcio di un'informativa della Criminalpol), aveva svelato i sistemi di smaltimento adottati dagli entourage di quelle eminenze grigie (avvocati e professionisti) che fungevano da anelli di collegamento tra i clan e le imprese che indirizzavano le scorie tossiche in Campania.
«Sono stato suo amico per oltre 30 anni – aggiunge al sole24ore.com Enrico Fontana, del direttivo nazionale di Legambiente – e posso dire che è stato uno dei migliori investigatori italiani, non solo per le indagini sui traffici illegali dei rifiuti, che hanno spesso accompagnato il lavoro di denuncia di Legambiente, per la quale incrociò tutti i dati delle società coinvolte, ma anche per quanto ha fatto in Campania. Fu lui, ad esempio, ad arrestare il 6 novembre 1991, in un ristorante romano di Cinecittà, un latitante di camorra, Ciro Mariano, indagando con i sistemi tradizionali e senza l'aiuto di collaboratori di giustizia. Mi auguro che arrivi per lui, dallo Stato, il riconoscimento che merita». Fontana conferma al sole24ore.com che Legambiente e Libera stavano avviando le procedure per richiedere nei confronti di Mancini, già Cavaliere, la medaglia al valor civile.

«La sua è una storia limpida e pubblica – chiosa Fontana – e a maggior ragione ora chiederemo aiuto alla Presidenza della Repubblica per rendergli il dovuto onore».
Mancini è l'ultimo di una serie di morti (direttamente o indirettamente) riconducibili al lavoro o alle denunce fatte. Il 19 gennaio di quest'anno è deceduto Michele Liguori, il vigile urbano di Acerra che negli anni è diventato uno dei simboli locali della lotta allo sversamento dei rifiuti che hanno avvelenato (e avvelenano) soprattutto la provincia di Caserta e la parte a cavallo della provincia di Napoli. Liguori era affetto da due tumori che gli erano stati diagnosticati a maggio 1993. Don Cesare Boschin fu ucciso il 29 marzo 1995 a Borgo Mantello (Latina). Secondo Libera, che il 29 luglio 2009 chiese la riapertura dell'inchiesta, fu ucciso per le sue denunce nei confronti della camorra che stava ampliando i suoi traffici dalla Campania al Lazio.

http://robertogalullo.blog.ilsole24ore.com

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