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Questo articolo è stato pubblicato il 30 aprile 2014 alle ore 15:18.
L'ultima modifica è del 01 maggio 2014 alle ore 14:56.

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La guerra civile in Siria continua dal marzo 2011, un paese mattatoio in cui i massacri si susseguono fra diverse fazioni, dove non si capisce più chi sono i buoni e i cattivi e se ancora i primi ci sono. Tutto è nato con la sollevazione di popolo durante la primavera araba che ha contagiato i paesi musulmani di Nord Africa e Medio Oriente. Lo scopo iniziale era la protesta contro il presidente Assad che il prossimo 3 giugno si gioca una probabile rielezione - le candidature sono aperte fino a domani 1° maggio.

Molte zone del Paese sono da tempo fuori controllo e oggi arrivano due notizie atroci: la crocifissione di due uomini nel nord del Paese a Raqqa. Ad Aleppo, altra città martirizzata, oltre venti uccisi, tra cui bambini nel bilancio parziale e non verificabile in maniera indipendente di un raid aereo del regime siriano contro una scuola nella parte est della città. Lo riferiscono testimoni sul posto e attivisti che pubblicano su internet foto e video del teatro del bombardamento sull'istituto Ayn Jalut, nel quartiere Sukkari della metropoli del nord.

A Raqqa invece il gruppo jihadista ultraradicale Isis (Stato islamico dell'Iraq e del Levante) ha affermato di aver giustiziato sette persone, due delle quali appunto crocifisse nella città della Siria settentrionale di cui il gruppo terrorista ha il pieno controllo. Lo avrebbero fatto - dicono - per vendicare un attacco.

L'Osservatorio siriano dei diritti umani (Ondus) ha diffuso la fotografia in cui si vedono i due uomini crocifissi, riportano tutte le maggiori agenzie di stampa fra cui Agence France Presse (che ha diffuso la foto a lato ndr). Uno dei giustiziati ha gli occhi bendati e la testa insanguinata. Sul suo corpo, un cartello proclama: «Costui ha combattuto i musulmani e ha fatto esplodere un ordigno in questo posto». Nella foto ci sono persone che passano indifferenti davanti a loro.

Secondo la Ondus, organizzazione che ha sede a Londra, non è la prima volta che lo Stato islamico dell'Iraq e del Levante ha crocifisso condannati a morte. Il 16 aprile l'Isis aveva ammazzato in questo modo un uomo accusato «di aver derubato un musulmano». Poco dopo un altro uomo confessò di essere l'autore del furto ed è ancora in attesa di giudizio.


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