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Questo articolo è stato pubblicato il 01 maggio 2014 alle ore 06:40.

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Il Fondo monetario internazionale ha approvato ieri un pacchetto di aiuti all'Ucraina da 17 miliardi di dollari, da utilizzare nel corso di due anni. Secondo l'Fmi, gli aiuti genereranno finanziamenti, o sbloccheranno crediti da altre fonti, per ulteriori 15 miliardi di dollari. L'obiettivo è aiutare Kiev a stabilizzare la sua economia dalla peggiore crisi dall'indipendenza nel 1991.
La decisione è stata assunta dai 24 membri del cda dell'Fmi, che include rappresentati di Russia e Usa. Dei primi 3,2 miliardi, che saranno immediatamente versati all'Ucraina, 2 saranno destinati a sostenere il bilancio dello Stato.
L'Fmi ha inoltre ulteriormente ridotto le previsioni di crescita per l'economia russa: avvertendo che il quadro potrebbe peggiorare ancora, nell'ipotesi di nuove sanzioni. Alle tensioni geopolitiche si aggiunge la necessità di una politica monetaria restrittiva, che tenga a bada l'inflazione e sostenga il rublo.
«Definendo recessione due trimestri successivi di crescita negativa - ha spiegato a Mosca il responsabile della missione del Fondo per la Russia, Antonio Spilimbergo - quella che sta attraversando la Russia è recessione».
Se meno di un mese fa l'Fmi aveva ridotto dal 3 all'1,3% il ritmo di crescita previsto per l'anno, oggi quel dato scende a un +0,2%, non lontano peraltro dalle stime dello stesso governo russo, che ha calcolato un aumento dello 0,5%. Nel primo trimestre, rispetto ai tre mesi precedenti, il Pil russo si è ridotto dello 0,5 per cento.
La crisi ucraina e l'incertezza che implica hanno una pesante responsabilità nel minare investimenti privati, statali e stranieri. Le sanzioni imposte da Stati Uniti e Unione Europea per condannare l'annessione della Crimea e per il sospetto che ci sia la mano di Mosca dietro la destabilizzazione dell'Ucraina orientale per ora si limitano a colpire gli uomini più vicini al centro del potere, e alcune tra le loro aziende. Ma secondo Spilimbergo è soprattutto la "paura" delle sanzioni, più che un loro impatto diretto, a spaventare gli investitori e a mettere in fuga i capitali, aggravando ulteriormente il calo del rublo: nel 2014, calcola il dirigente del Fondo, la Russia potrebbe perdere 100 miliardi, già nei primi tre mesi il deflusso si è avvicinato al totale dei capitali fuggiti nel 2013. «La paura delle sanzioni potrebbe anche essere più potente delle sanzioni stesse», ha spiegato Spilimbergo.
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