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Questo articolo è stato pubblicato il 03 maggio 2014 alle ore 18:54.
L'ultima modifica è del 04 maggio 2014 alle ore 18:27.

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Ci sono mille ragioni per leggere con interesse un libro come Odessa, scritto da Charles King che insegna affari internazionali alla Georgetown University di Washington: il fascino di un luogo di frontiera del grande impero russo, la posizione strategica sul Mar Nero, la naturale vocazione multiculturale, la breve, ma intensa storia, fatta di travolgenti successi economici e di cadute rovinose, la naturale vocazione di città cosmopolita, capace di attrarre le migliori menti e i grandi interpreti dell'arte e della letteratura. Oggi c'è un motivo in più ed è il coinvolgimento della città portuale ucraina nella rinnovata guerra di Crimea del Terzo Millennio, con scontri tra sostenitori di Kiev e filorussi che hanno causato già numerose vittime. Un destino crudele che affonda le radici nei secoli passati e che "la leggendaria Odessa" ci aiuta a leggere con qualche cognizione di causa in più.

Che Odessa sia "leggendaria" può apparire singolare a noi europei, abituati a misurare le vicende umane in millenni e a definire la grandezza secondo i parametri di un pedigree secolare. La città è nata infatti "solo" sul finire del Settecento "fondata da un mercenario napoletano, battezzata da un'imperatrice, governata dal marito segreto di lei, costruita da due nobili francesi in esilio e celebrata dall'amante russo della moglie di quest'ultimo". Così ci avverte sin dall'esordio King, tanto per mettere in chiaro che la storia la si può raccontare come un romanzo, con qualche concessione teatrale, ma senza rinunciare a un robusto tasso di rigore e a una copiosa documentazione.

Prima di diventare Odessa, Khadjibev null'altro era che un villaggio fuori mano, fondato da un comandante tataro sulle alture del mar Nero, in cima a una catena di basse scogliere. Alle spalle l'immensa steppa pontica. Eppure quel gruppo di baracche, conquistate quasi per caso da un ufficiale di collegamento al servizio dell'ammiraglio Potemkin, Josè de Ribas, nato a Napoli nel 1749 dal matrimonio tra il console spagnolo e un'aristocratica irlandese, rappresenta il nucleo originario del mito di Odessa.

Situata alla foce di grandi fiumi, primo fra tutti il Danubio e favorita da un entroterra rigoglioso e dagli immensi pascoli, Odesso (così Ribas la chiamò in omaggio a un'antica colonia greca che sorgeva in passato sulla costa), divenne un porto praticabile per il clima mite anche in inverno, sempre più importante per la valenza strategica ed economica dell'intero bacino del Mar Nero. Perciò Caterina fece di quella città il perno meridionale dell'impero, cambiando il nome al femminile, Odessa, come si conveniva alla donna più potente della storia di Russia.

Ma la peculiarità e la fortuna hanno ben altre e più solide radici della pur potente sovrana, morta nel 1796 quando Odessa era ancora in sboccio. Prima fra tutte la posizione strategica di un porto che si rivelò l'unica ancora di salvezza entro un continente travagliato da guerre. Le disgrazie dell'Europa fecero la fortuna della neonato porto e cominciò a girare denaro. Altro fattore di crescita fu la nomina, in successione, del duca di Richelieu, del conte di Langeron, sino al pietroburghese Michail Semionovic Voroncov, veri mecenati e governatori illuminati che diedero grande impulso alla città. Richelieu fu capace di porre argine persino alla pesta bubbonica che pareva aver spento anzitempo i sogni di gloria.

Così nacque una nuova Bisanzio sotto l'egida russa che segnò la fine del regno dell'Islam alle frontiere d'Europa. Qui conviene, come s'addice a ogni avvincente romanzo, lasciare al lettore proseguire questo viaggio, tra mito e leggenda. Scoprire le ragioni che hanno reso Odessa prima patria di ebrei, luogo d'ispirazione di scrittori come Puskin e Isaak Babel, città colta e cosmopolita e poi luogo d'inferno con il programma d'annientamento e distruzione bellica perpetrato da governo rumeno alleato con il Terzo Reich. Il genio, la creatività e insieme la devastazione.

La storia di Odessa si compendia nei suoi estremi e fra tante grandiose opere d'architettura, nella celebre scalinata, immortalata dal film di Ejzenstejn, ultimata nel 1841, che collega la città al porto: «…dal basso i gradini sembravano salire fin su verso il cielo, una scala sospesa che brillava al sole. L'effetto calcolato, perché i gradini erano molto più ampi in fondo rispetto alla cima, dando la sensazione che la statua fosse molto più grande di quello che era in realtà».

Charles King - Odessa - Splendore e tragedia di una città di sogno
Pagg. 322, euro 30 - La Biblioteca Einaudi Editore

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