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Questo articolo è stato pubblicato il 04 maggio 2014 alle ore 08:11.
L'ultima modifica è del 19 giugno 2014 alle ore 15:26.

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ROMA - Prima una serie di incontri presso il segretario generale del Consiglio, in vista dell'avvio del semestre di presidenza italiana dell'Unione europea. Poi la riunione pomeridiana dell'Eurogruppo. Il ministro dell'Economia, Pier Carlo Padoan, sbarca domattina a Bruxelles nel giorno in cui la Commissione europea rende note le sue nuove stime macroeconomiche. Passaggio preliminare che prelude al giudizio di merito - in agenda il prossimo 2 giugno - sui documenti programmatici appena trasmessi dal governo (Def, Programma nazionale di riforma, aggiornamento del programma di stabilità). Padoan ne discuterà, seppure a livello informale, con il vice presidente della Commissione europea, Siim Kallas, che svolge le funzioni di commissario agli Affari economici, del resto già consultato a più riprese nelle ultime settimane.

Squilibri macroeconomici eccessivi, e traiettoria del debito pubblico che non rispetta il percorso di rientro concordato: questi i due punti sui quali Bruxelles attende chiarimenti in via preliminare. Padoan ribadirà che a fronte del «momentaneo scostamento» dall'obiettivo di medio termine (il pareggio di bilancio in termini strutturali che slitta dal 2015 al 2016), il deficit nominale non supererà in ogni caso il tetto massimo del 3% del Pil. Si aprirà di certo un confronto preliminare sulle «circostanze eccezionali» invocate dal governo, a partire dallo sblocco dell'ulteriore tranche di debiti pregressi della Pa. Operazione - come ribadirà Padoan - autorizzata dalla stessa Commissione europea due anni fa, proprio in ragione dell'effetto potenzialmente "espansivo" della maggiore liquidità immessa nel sistema economico. In sostanza, a fronte del momentaneo e inevitabile incremento del debito, il governo punta a rafforzare il potenziale di crescita dell'economia. Per ora il Pil è indicato in aumento dello 0,8% quest'anno e dell'1,3% nel 2015, ma si scommette sia sullo sblocco dei debiti della Pa che sull'effetto della manovra sull'Irpef appena varata dal Governo.

La spending review «va rafforzata ed estesa» - ribadirà Padoan - ma prima di tutto dovrà convincere Bruxelles che le coperture (giudicate in parte a rischio dal Servizio del Bilancio del Senato) alla fine reggeranno. Aspetto decisivo, sul quale al momento la Commissione europea ha sospeso il giudizio, e sub iudice appaiono prima di tutto le coperture una tantum, a partire dall'aumento del prelievo (ora al 26%) sulle quote rivalutate di Bankitalia, che dovranno garantire un maggior gettito di ben 1,8 miliardi. Chiarimenti sono attesi anche all'aumento dal 20 al 26% delle rendite finanziarie, e sugli incassi effettivamente realizzabili a consuntivo dalla lotta all'evasione fiscale.
La vera partita il governo dovrà affrontarla con la legge di stabilità in ottobre: alla copertura a regime del bonus Irpef (10 miliardi) andranno aggiunti gli impegni già previsti dall'ultima legge di stabilità e le spese inderogabili. Il conto della prossima manovra autunnale salirà così ad almeno 14 miliardi, ma con ogni probabilità l'asticella verrà collocata attorno ai 20 miliardi. E buona parte dell'operazione andrà finanziata proprio con la spending review.

Sullo sfondo la partita politica, che andrà giocata a partire dall'autunno, per ottenere maggiore flessibilità nei tempi di rientro dal debito. Ma su quest'aspetto per ora pare saggio un atteggiamento ispirato alla massima cautela, in attesa dei nuovi equilibri politici che si determineranno in seguito alle elezioni europee del 25 maggio.

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