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Questo articolo è stato pubblicato il 05 maggio 2014 alle ore 20:49.
L'ultima modifica è del 06 maggio 2014 alle ore 18:10.

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Definita dai commentatori una "democrazy", la democrazia folle, per la sua agitazione sociale e i fermenti culturali, la Nigeria, il gigante dell'Africa, ha fabbricato un mostro: i Boko Haram, che significa in pidjn (o pidgin, idioma misto derivato dall'inglese), "l'educazione occidentale è probita". Questo gruppo religioso islamico, al quale la miseria ha regalato una posizione di forza, era una dozzina di anni fa soltanto un movimento marginale, ora sta seminando il caos con rapimenti, attentati, massacri, e mette in crisi il governo del presidente Goodluck Jonathan, un cristiano dai tratti folcloristici del gruppo etnico Ijaw che fatica a dare un'immagine accettabile di un Paese e di una capitale, Abuja, che in questi giorni ospita anche il World Economic Forum.

La Nigeria è il simbolo delle contraddizioni di un continente ma anche dell'illusione di ricchezza e stabilità che può dare il petrolio. Lo Stato nigeriano, una federazione di 36 stati, 250 gruppi etnici, oltre 160 milioni di abitanti (un quinto della popolazione africana) divisi quasi a metà tra musulmani e cristiani, sta mettendo a segno performance di crescita formidabili ma allo stesso tempo appare una compagine eterogenea e al collasso.

Lo dimostra questa vicenda delle duecento studentesse rapite - preceduta e accompagnata da una serie di attentati sanguinosi ad Abuja - che secondo un video del capo del gruppo estremista Boko Haram, Abubakar Shekau, saranno trattate come schiave, vendute o "sposate a forza" in nome di Allah. La colpa di queste povere ragazze era, sembra, quella di seguire corsi di lingua inglese, indispensabili per decollare negli studi ed emanciparsi dalla povertà e dalla costrizione delle tradizioni. Ma a peggiorare le cose in Nigeria ci sono istituzioni statali fragili, incapaci di riportale a casa, e anche la moglie di Goodluck, perché la first lady nigeriana Patience Jonathan avrebbe ordinato l'arresto di due attiviste che avevano organizzato la marcia di protesta per la liberazione delle studentesse.

La Nigeria è lo stato che non c'è, un gigante dai piedi d'argilla che non smette di crescere. La Nigeria si è appena scoperta essere la prima economia africana per grandezza del suo Prodotto interno lordo, 509 miliardi di dollari, superando di gran lunga il Sudafrica (354 miliardi), che pure è l'unico Paese del continente iscritto al club dei Brics. È un dato impressionante che però non nasconde le fragilità del colosso africano, primo produttore continentale di petrolio: instabilità politica, corruzione pubblica e privata e ora vulnerabile anche all'ascesa dei Boko Haram.

All'inizio i Boko Haran erano un movimento islamico che tentava di colmare il vuoto creato dall'assenza sociale dei partiti progressisti. Ma la debolezza del governo e i tentativi sconsiderati dei politici locali di usare il gruppo per ricattare i rivali, hanno finito col trasformare questa setta che vuole imporre la sharia, la legge islamica più stretta, in un problema geopolitico. Non a caso il presidente Jonathan fa appello anche a Barack Obama per avere aiuto. E ora dopo avere vissuto ai margini, i Boko Haram tentano il salto di qualità con un ciclo di attacchi e rappresaglie tanto spettacolari quanto cruenti che hanno l'obiettivo di colpire al cuore la capitale e destabilizzare l'esecutivo.

Né i membri di Al Qaeda del Maghreb islamico (Aqmi) né gli shebab (combattenti islamisti) somali, attivi anche in Kenya, ignorano la fama di Boko Haram. Colta di sorpresa la stampa internazionale si chiede, a rischio di qualche semplificazione, se il gigante nigeriano, con i suoi centosessanta milioni di abitanti, non si stia incamminando verso una divisione tra il Nord musulmano e il Sud cristiano. Il che significa dimenticare che la vera frattura, in un paese dove più del 60% della popolazione vive con meno di 2 dollari al giorno, nasce dall'estrema povertà.

I dodici stati della cintura nord della federazione - alle frontiere di Niger, Ciad e Camerun - restano i meno sviluppati del Paese. Le disuguaglianze con il Sud si sono addirittura approfondite e nello stato di Borno, dove è iniziata la deriva sanguinosa dei Boko Haram, i tre quarti della popolazione vivono al di sotto della soglia di povertà, un record anche per la Nigeria. Solo il 2% dei bambini di età inferiore ai 15 mesi viene vaccinato mentre l'accesso all'istruzione è molto limitato: l'80% dei giovani è analfabeta e il 35% dei musulmani non ha mai frequentato una scuola, neppure quella coranica.

Sono questi i fattori che rendono la popolazione particolarmente vulnerabile alle influenze negative, alla violenza, alla propaganda islamica estremista. E ora l'affluente ma pure miserabile Nigeria, dove si frantumano i record di crescita ma anche di povertà, deve temere quella che un tempo era una sconosciuta setta islamica che adesso semina morte, sangue e oscurantismo.

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