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Questo articolo è stato pubblicato il 07 maggio 2014 alle ore 20:03.

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C'è voluto quasi un anno di proteste di massa, una crisi valutaria e governativa, repressioni della polizia, la polarizzazione del mondo politico turco, ma alla fine Gezi Park è salvo. Il contestato progetto che prevedeva la spianata con le ruspe del parco di Istanbul che quasi un anno fa diventava la scintilla per proteste anti-governative senza precedenti nella storia della Turchia moderna, non verrà mai completato secondo degli obiettivi neo-ottomani della Municipalità guidata dal partito Akp, la formazione filo-islamica moderata.

Il Consiglio di stato turco (il grado di appello del Tar locale) ha messo la parola fine al contenzioso sul destino urbanistico dello spazio verde, dichiarando illegale il controverso «progetto di pedonalizzazione di piazza Taksim», promosso dal comune che voleva la costruzione di un centro commerciale e di una caserma in stile ottomano al posto del parco.

La sesta Corte del Tribunale di Istanbul ha respinto, ieri sera, il ricorso presentato dal ministero della Cultura e il comune di Istanbul contro la sentenza di inizio giugno, che annullava il progetto come richiesto dall'Ordine degli architetti di Istanbul, ha reso noto il quotidiano Milliyet. Una decisione definitiva che, per quanto tardiva, visto che i lavori sono stati quasi completati, rappresenta una vittoria per il movimento a difesa del parco Gezi ad un anno dalle prime manifestazioni.

La violenta repressione del presidio per bloccare lo sradicamento degli alberi secolari del parco Gezi, a maggio dello scorso anno ha fatto da dentonatore per il più importante movimento di protesta in Turchia dagli anni '70. Più di 2 milioni di persone (in maggioranza giovani) sono scese in piazza in tutto il Paese contro la svolta autoritaria del governo di Erdogan. Sette manifestanti - tra cui un 14enne che era uscito per comperare il pane per la sua famiglia non ce l'ha fatta, dopo quasi nove mesi in coma - sono morti per le ferite riportate durante gli scontri con le forze dell'ordine. Violenze che sono costate al governo turco le critiche degli Usa, Unione europea e organizzazioni internazionali a difesa dei diritti umani come Amnesty international e Human rights watch.

Solo ieri un tribunale di Istanbul ha aperto il processo contro 255 persone del movimento Gezi, che lo scorso giugno parteciparono all'ondata di violente proteste contro il governo Erdogan. I manifestanti, tra cui sette stranieri, sono accusati di una serie di reati, tra i quali violazione dl diritto a manifestare, danni causati a proprietà private, percosse contro i rappresentanti delle forze dell'ordine, furto, riferisce l'agenzia Dogan. La procura chiede pene fino a 12 anni di carcere.

Il Paese è rimasto spaccato a metà dopo quelle proteste di piazza: chi guarda a un paese occidentale, attento alle prerogative delle minoranze e chi guarda a un paese con forti tentazioni autoritarie e nazionaliste. In questo senso la battaglia politica a difesa dei diritti civili, della tutela dell'ambiente e delle minoranze, iniziata a Gezi Park, non è ancora terminata.

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