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Questo articolo è stato pubblicato il 08 maggio 2014 alle ore 10:58.
Spesi: 1.100.000 euro. Incassati: almeno 4.600.000 euro. È tutto quello che si sa del "bilancio economico" delle primarie che l'8 dicembre hanno incoronato Matteo Renzi segretario del Pd. A cinque mesi esatti dalle "storiche" primarie dell'Immacolata, non esiste un rendiconto ufficiale di quanto la consultazione è costata al partito e di quanto il Nazareno ha guadagnato. Ogni elettore, come si ricorderà, aveva l'obbligo di versare due euro alle casse del Pd prima di esprimere il suo voto sul segretario, ad eccezione degli iscritti al partito.
Le cifre
Il tesoriere Francesco Bonifazi spiega che il Pd nazionale ha sostenuto per l'organizzazione dell'evento 1 milione e 100mila euro di cui 40mila euro attinti dai contributi liberali versati al partito via internet. Quindi dalle casse del partito sono usciti in tutto 1 milione e 60mila euro. Nessuna "certezza" invece sugli introiti ottenuti grazie ai versamenti dei cittadini che hanno votato l'8 dicembre (dai due euro in su). «I votanti sono stati 2milioni e 800mila - ragiona Bonifazi - ma i paganti sono stati solo 2 milioni 300mila (gli iscritti non pagavano, ndr), dunque gli incassi dovrebbero essere intorno ai 4 milioni 600mila». Il condizionale però è d'obbligo perché non sembra esserci un rendiconto ufficiale. E la cifra potrebbe essere sottostimata dal momento che il versamento di due euro cadauno era il minimo indispensabile per votare.
La ripartizione dei fondi
Sbaglia, comunque, chi crede che i (minimo) 4,6 milioni siano finiti alla sede centrale del Pd. Le regole fissate prima dell'8 dicembre stabilivano che per ogni votante 0,48 euro sarebbero andati al Pd centrale e i restanti 1,52 (più le eventuali eccedenze) sarebbero rimasti sul territorio. Dunque: 1 milione 100mila euro sono finiti al Nazareno, mentre 3 ,5 milioni almeno hanno rimpinguato le casse delle federazioni comunali e provinciali. Il tesoriere ci tiene inoltre a sottolineare che «non c'è stato nessun flusso di denaro dai territori al centro». Cioè, le sedi locali del Pd non hanno mandato a Roma un solo centesimo. I conti tra centro e periferia verranno regolati in un secondo momento: i soldi incassati al livello locale verranno infatti sottratti dai trasferimenti che annualmente il Pd centrale opera in favore degli organi periferici.
La trasparenza
Resta tuttavia ancora incerto l'ammontare effettivo degli incassi. E l'"area trasparenza" del sito del Partito democratico è desolatamente vuota alla voce "otto dicembre". Eppure era stato lo stesso Matteo Renzi, nove giorni dopo il trionfo, a promettere massima trasparenza: «Prendo sin da ora l'impegno a mettere nel dettaglio la destinazione dei soldi incassati. Chiedo che facciano altrettanto a livello locale. A Rignano sull'Arno, il Paese dove sono cresciuto, hanno deciso di dare i soldi alla scuola».
La due diligence
C'è poi la grana dei conti del partito. Prima di approvare il bilancio per il 2013, il primo a firma Renzi-Bonifazi, il vertice ha deciso di sottopore i conti a una «due diligence» affidata a terzi, in modo da avere una fotografia obiettiva dello stato di salute del partito dal punto di vista economico. A detta dello stesso tesoriere, la verifica doveva essere pronta già un mese fa. Eppure, nonostante infinite sollecitazioni, essa rimane chiusa nelle casseforti del Pd. Secondo voci ufficiose i conti sarebbero molto malandati. Ma se anche così fosse, questa non sarebbe una valida ragionare per tenerli segreti.
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