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Un fulmine gentiluomo chiamato Patrick Sercu

Patrick Sercu (Olycom)Patrick Sercu (Olycom)

Terza tappa, Armagh-Dublin. Ultima tappa in Irlanda, 187 chilometri pianeggianti con una sola salita, di quarta categoria, lontanissima dal traguardo. I velocisti puri, vista anche la lunghezza tutt'altro che proibitiva, affilano le ruote. Il campione di oggi è Patrick Sercu.

Sercu è stato il più grande di tutti i tempi nelle Sei Giorni, con 88 vittorie sulle 224 disputate. Quattro le vittorie a Milano: città dove, in coppia con Moreno Argentin, ha chiuso la carriera nel 1983. Un record irraggiungibile che gli è valso il soprannome di "Re delle Sei Giorni". Campione Olimpico nel chilometro da fermo a Tokio, nel 1964, è stato per tre volte campione del mondo della velocità.

E di quella velocità Sercu ha fatto un'arte anche su strada. L'errore più grave che potevano commettere i suoi avversari era quello di portarlo tranquillo vicino al traguardo: in quelle occasioni Sercu scatenava la sua potenza da pistard, il suo scatto breve ma irresistibile, la sua velocità inarrivabile per tutti gli altri. Sembrava destinato a perdere e invece, all'improvviso, lo ritrovavi davanti a tutti con la stessa rapidità di un fulmine che squarcia le nubi.

Un fulmine che in carriera si sarebbe abbattuto per decine di volte sul mondo del ciclismo fino a sfiorare quota cento vittorie. Un record anche questo inarrivabile per chi è nato, ed è sempre stato, pistard. Quattordici i primi posti al Giro d'Italia, sei al Tour de France, dove ha anche indossato la Maglia Gialla e vinto la classifica a punti nel 1974. Insomma, uno che non mollava mai.

Ma Patrick Sercu era anche un signore, un gentiluomo: amato e rispettato dai compagni del gruppo, perché non andava mai sopra le righe. Perché, nonostante le sue caratteristiche da velocista purissimo, non era un succhiaruote. Faceva la sua parte, sempre e comunque.

Non è un caso che, oltre alle gare di un giorno, abbia saputo vincere anche in brevi corse a tappe: ne sa qualcosa anche un certo Eddy Merckx, che dovette cedergli il passo al Giro di Sardegna del 1970. Duellarono a lungo, in un testa a testa entusiasmante: nessuno dei due voleva cedere. Alla fine vinse Sercu, che salì sul gradino più alto del podio. Al suo fianco, insieme al Cannibale, c'era Felice Gimondi. E per battere quei due, nel 1970, dovevi per forza essere un campione.

Forse lo abbiamo dimenticato troppo in fretta, presi dalla girandola di nomi dei velocisti che sono venuti dopo di lui. Per questo lo ricordiamo oggi: un campione vero che, se te lo trovavi vicino a pochi metri dal traguardo, era la fine. Qualche colpo di pedale e di Patrick Sercu vedevi solo la schiena. Oggi sarebbe stato uno di quei giorni.

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