Notizie SportGiro d'Italia, l'australiano Rogers conquista lo Zoncolan, Quintana mantiene la maglia rosa. Incidente per Bongiorno
Giro d'Italia, lo Zoncolan incorona Quintana Re del Giro. Aru non fa il miracolo. Ma il futuro è suo
di Dario Ceccarelli | 31 maggio 2014
Eccola qua la sentenza. Per favore tutti in piedi. Dopo tre settimane di corsa, Il giudice più severo, la Montagna dello Zoncolan, emette l'inappellabile verdetto che, in fondo, sapevamo già dall'inizio dell'istuttoria: Nairo Quintana, 24 anni, scalatore superbo, detto anche la Sfinge di Combita perché non cambia mai espressione, è il dominatore di questo Giro d'Italia che termina domenica 1 giugno a Trieste.
Quintana ha vinto, ma non stravinto. Dopo la vittoria sul Grappa, sul temibile Zoncolan si accontenta di gestire il suo potere con la freddezza dei predestinati. Non fa l'impresa, non fa fuochi d'artificio. E ci concede perfino un sorriso, evento che dicono gli amici succeda solo in coincidenza di qualche favorevole congiunzione astrale.
Da buon padrone di casa, Quintana, detto anche il Campesino, lascia che un po' di gloria vada anche ai meno predestinati. A quelli come l'australiano Micheal Rogers che vince la tappa davanti a Franco Pellizotti e Francesco Bongiorno.
In realtà Rogers fa il bis perché aveva già vinto a Savona. E' una pellaccia, questo australiano, che nessuno s'aspetta in cima allo Zoncolan, una montagna sacra che diventa anche una bolgia urlante per il tifo da stadio dei tifosi.
Più ultrà che tifosi, con evidenti eccessi di gradazione alcolica: uno di questi pazzoidi dando una esuberante spinta a Bongiorno, lo costringe a frenare per non andare contro la ruota di Rogers davanti di un metro. Solo che frenare, su pendenze da picozza, vuol dire appoggiare i piedi e fermarsi. Una maledetta fregatura.
Soprattutto nel momento decisivo della tappa. Bongiorno, sacramentando, cerca di recuperare. Ma alla fine non ce la fa. E viene anche superato da Pellizotti.
Il povero Francesco, dopo il traguardo, da grande signore si limita a dire: " Una vera tristezza. Ho pianto di rabbia. Ero davanti, avrei potuto anche vincere... Cosa dico al tifoso? Cosa volete che gli dica: che mi ha rovinato la festa. Che è un poveraccio... La gente è la nostra forza, però deve imparare rispettarci".
Sante parole. Anche Rogers, l'australiano, non è tenero con questi decerebrati. E dice: "Anche a me è successo un sacco di volte. Mi spingono, mi mettono le mani addosso. Non so se sono ubriachi, di sicuro danno molto fastidio. Mi spiace per Bongiorno, ma non mi ero accorto di nulla..."
E Quintana? Mentre succede di tutto, con i tifosi ubriachi che fanno da siepe e rincorrono i corridori (uno completamente nudo, un altro vestito da sposa con le scarpe da jogging), Quintana procede con la calma dei forti. Tranquillo.
La cima s'avvicina e la sua faccia, come sempre, è scolpita nella pietra. Non degna di uno sguardo la marmaglia urlante mantenendo il comando del trenino dei big. Dietro però qualche vagoncino sta per deragliare. Il nostro Uran boccheggia. Roland e Majka pure. L'unico in palla è Pozzovivo che, col suo ritmo costante, riesce a mantenere la scia dei colombiani.
Alla fine Quintana, sempre tranquillo, è il primo dei signori della corsa.
La maglia rosa precede l'altro colombiano, Ciccio Uran. Sempre allegro ma non è una novità, Ciccio consolida il suo secondo posto in classifica. Gli altri big arrivano dopo una manciata di secondi .
Fabio Aru questa volta è stanco. Non è salito in ascensore come sul Grappa. Il serbatoio è vuoto, lo sguardo opaco. "Ho fatto una gran fatica" ammette con franchezza. " Ho cercato di salire con il mio passo, ma sono contento lo stesso. Qui c'erano dei campioni..."
Ha ragione, Aru, di esser contento. Qui c'erano dei Campioni. E conquistare un terzo posto, sul podio del Giro, dopo queste montagne, è come aver superato la maturità. Adesso può laurearsi . L'importante, visto i tempi, è che sia una laurea breve. Tanto lavoro lo aspetta.