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Questo articolo è stato pubblicato il 10 maggio 2014 alle ore 08:13.

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ROMA.
Il futuro del vino italiano passa dalla capacità di realizzare sinergie fra grandi imprese e Pmi. Ne è convinto Sandro Boscaini, presidente e amministratore delegato dell'azienda veneta Masi ma soprattutto neo presidente (la nomina verrà ratificata dall'Assemblea del prossimo 19 giugno alla quale si presenta come candidato unico) di Federvini, la federazione dei produttori di vino, liquori, acquaviti e aceti. «Puntare alle sinergie non è una formula vuota – spiega Boscaini – ma un convincimento che nasce dall'esperienza. La mia azienda, la Masi (che produce 12,6 milioni di bottiglie commercializzate per il 91% all'estero e con un fatturato di 65 milioni di euro) ha nel tempo realizzato accordi con piccole imprese come la veneta Serego Alighieri o la trentina Bossi Fedrigotti. La produzione resta saldamente nelle mani dei fondatori e noi ci occupiamo di consulenza tecnica ma soprattutto degli aspetti di marketing e commerciali. Questo modello ha dato buoni frutti e ritengo possa, e forse debba, essere esteso ad altri soggetti».
Secondo il neopresidente di Federvini, inoltre, la strada dei rapporti fra grandi marchi e Pmi consentirebbe di affrontare alcune debolezze del vino made in Italy. «Tutti sono d'accordo nel considerare la Cina il mercato del futuro – aggiunge Boscaini – ma come può un'azienda di poche migliaia di bottiglie sbarcare con le sole proprie forze in un paese sconfinato? Per questo la strada degli accordi commerciali è indifferibile perché può consentire alle aziende più grandi di concentrare l'offerta e presentarsi con un portafoglio prodotti più vario e ai piccoli di allargare i propri orizzonti».
Altro capitolo al quale Boscaini immagina di improntare la propria presidenza è quello della lotta alla burocrazia. La recente messa a punto del Testo Unico della vite e del vino (che ha appena avviato il proprio iter alla Camera dei Deputati) «rappresenta un importante sforzo di semplificazione – dice ancora Boscaini – ma occorre fare di più. Non è possibile che le imprese vitivinicole debbano mettere in piedi al loro interno vere e proprie task force dedite solo alla gestione degli obblighi burocratici». Attenzione però, semplificare non deve certo portare a passi indietro sul piano dei controlli e delle garanzie qualitative. «Bisogna invece sforzarsi – conclude Boscaini – per distinguere gli adempimenti che portano a migliorare la qualità e a rafforzare la competitività dei nostri prodotti da quelli che invece comportano solo un aggravio di costi e minano la capacità delle stesse imprese di stare sul mercato».
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