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Questo articolo è stato pubblicato il 10 maggio 2014 alle ore 13:29.
L'ultima modifica è del 10 maggio 2014 alle ore 18:23.

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Il premier cinese Li Keqiang (Afp)Il premier cinese Li Keqiang (Afp)

Quando il premier cinese Li Keqiang è atterrato giovedì sera a Luanda, la capitale dell'Angola, ha sentito aria di casa. Tutto o quasi nel Paese africano uscito nel 2002 da una guerra civile durata 27 anni è made in China. Che si tratti del nuovo aeroporto internazionale di Luanda, della ferrovia che attraversa il Paese da Est a Ovest o della nuova città di Kilamba, gigantesco agglomerato alle porte della capitale pensato per ospitare 500mila persone, la progettazione e costruzione è sempre stata garantita dai giganti cinesi dell'edilizia e dell'ingegneria.

Li Keqiang è il primo leader cinese a visitare il Paese africano negli ultimi otto anni. Al suo seguito ha portato una delegazione di 130 persone, fatta di uomini d'affari interessati a firmare nuovi contratti. L'Angola è stata la terza tappa del tour africano di Li Keqiang, dopo Etiopia e Nigeria (dove ha preso parte al World Economic Forum) e prima del Kenya, dove Li è in visita oggi.

Prestiti in cambio di petrolio
Quella di Luanda è stata la visita più importante tra le quattro. I rapporti tra i due Paesi lo giustificano. Il governo cinese è stato il primo a sdoganare l'Angola uscita dalla guerra civile all'inizio del secolo. E lo ha fatto con un modello di business poi adottato negli altri Paesi del continente: generosi prestiti a tassi agevolati in cambio di petrolio e di mega-contratti per la costruzione delle infrastrutture.
Il modello ha funzionato alla grande: oggi l'Angola, secondo produttore del petrolio dell'Africa dopo la Nigeria con 1,54 milioni di barili al giorno, esporta metà della sua produzione in Cina. L'interscambio bilaterale lo scorso anno ha superato i 27 miliardi di euro facendo della Cina di gran lunga il primo partner commerciale del Paese guidato dal veterano José Eduardo Dos Santos, al potere dal lontano 1979. L'intera Unione Europea, che è il secondo partner dell'Angola, ha un interscambio di 12,7 miliardi di euro, meno della metà della Cina.

Un esercito di 300mila cinesi da esportazione
Le imprese di Pechino non si sono limitate a fornire tecnologia. Hanno letteralmente esportato un esercito di manodopera a basso costo: secondo le cifre ufficiali, nel 2012 in Angola vivevano 258mila cinesi, ma ormai si stima che abbiano superato quota 300mila, facendone la più grande comunità cinese nel continente insieme a quella del Sudafrica.

Kilamba, città sorta dal nulla per mano dei cinesi
Dove sistemare questa massa di lavoratori? Pechino ha pensato anche a questo, costruendo dal nulla una enorme città a 30 chilometri dalla congestionata (e carissima) Luanda. Si chiama Nova Ciudade de Kilamba, un progetto da 3,5 miliardi di dollari portato a termine in soli tre anni dalla cinese Citic. I fondi, ovviamente, sono stati messi a disposizione da una banca di Pechino (la Icbc), in cambio del solito petrolio.
Definirlo un quartiere è riduttivo: ha un'estensione di 900 ettari sui quali sono stati costruiti 115 isolati che ospitano 750 palazzi. La «new town», completata nel luglio 2012, è in grado di ospitare a regime fino a 500mila persone. Per molto tempo in realtà è stata una città fantasma: i prezzi troppo alti (dai 120 ai 200mila dollari) erano fuori dalla portata degli angolani, due terzi dei quali vive con meno di due dollari al giorno. Negli ultimi mesi però una nuova legge che incentiva le banche a concedere mutui ha reso meno spettrale il panorama di Kilamba. Si stima che attualmente vi risiedano 70mila persone.
Li Keqiang ha voluto visitare anche questa città satellite, simbolo del dominio cinese dal sapore neo-coloniale in questo angolo di Africa.

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