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Questo articolo è stato pubblicato il 10 maggio 2014 alle ore 08:13.

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L'Italia è leader europeo nel settore ortofrutticolo, con un valore alla produzione di quasi 12 miliardi, di cui oltre 4,1 realizzati sui mercati esteri. Primo produttore in particolare di alcune specie, come kiwi, pere, pesche e nettarine, uva e agrumi, ma non leader di mercato per le stesse (fa eccezione il primato indiscusso del kiwi), perché ormai il nostro Paese va a ruota di altri concorrenti. A partire dalla Spagna, ma anche di Olanda e Belgio nel caso delle pere.
Parte da questo paradosso Marco Salvi, presidente di Fruitimprese (l'associazione che rappresenta 300 aziende d'import-export, per circa 5 milioni di tonnellate di merce movimentata e un giro d'affari di 4,5 miliardi), per evidenziare il gap competitivo del sistema ortofrutticolo nazionale. «Un comparto – sottolinea Salvi – che finora ha garantito alti livelli occupazionali, una quota fondamentale dell'export della nostra bilancia commerciale e il mantenimento di un sistema produttivo ortofrutticolo che consente di vivere, o meglio sopravvivere, alla parte più attiva dell'agricoltura italiana».
Un primato sostenuto ancora dai numeri, ma ostacolato nei fatti dalla «mancanza di un sistema-Paese e di un adeguato sostegno all'internazionalizzazione, scarsa competitività dovuta a costi di produzione elevati, difformità delle regole del gioco con i nostri competitor europei». Da qui, aggiunge il presidente, «la sfida inderogabile che ci attende: scivolare nell'ambito delle commodity o crescere in quello delle eccellenze».
In base a elaborazioni della stessa Fruitimprese su dati Istat, nel 2013 l'Italia ha esportato poco più di 3,7 milioni di tonnellate di frutta e ortaggi, con una flessione rispetto all'anno prima di quasi il 7 per cento. Mentre le importazioni hanno superato quota 3,3 milioni di tonnellate, con un aumento del 6 per cento. E se l'incremento dei prezzi ha garantito maggiori introiti, il saldo commerciale attivo l'anno scorso è rimasto appena al di sopra della soglia di un miliardo, perdendo oltre il 12% su base annua.
Per recuperare terreno, come è emerso anche alla recente assemblea annuale di Fruitimprese, il presidente Salvi indica almeno tre priorità. «La prima – spiega – è lavorare per rendere le imprese più competitive, con riforme che intervengano sui costi e diano respiro ai bilanci. La seconda è avere più peso in Europa, anche facendo leva sul prossimo semestre di presidenza Ue dell'Italia, per armonizzare i dossier sull'uso dei fitofarmaci e pretendere la reciprocità nell'utilizzo di mezzi tecnici e residui ammessi. E infine, nel quadro della riforma dell'Ocm di settore, a partire dal 2015, andranno eliminati gli effetti distorsivi di una squilibrata distribuzione degli aiuti comunitari, che potrebbero premiare soprattutto i paesi dell'Est, dove l'aggregazione e l'associazionismo è quasi all'anno zero.
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