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Questo articolo è stato pubblicato il 10 maggio 2014 alle ore 19:50.
NEW YORK – Michelle Obama impegnata in prima fila nella causa per la liberazione delle 250 ragazze prigioniere del un gruppo terroristico islamico Boko Haram in Nigeria non ha avuto buone notizie questa mattina. Il leader del movimento Abubakar Shekau ha confermato oggi che venderà le ragazze in schiavitù, che non vi sarà tregua nè compassione, che non ascolterà nessuno tantomeno la Casa Bianca e meno che meno la first lady, una donna. Un rapporto di Amnesty International di questa mattina ha anche aggiunto un quadro inquietante nella dinamica che ha portato al rapimento: le forze governative erano state allertate di un imminente attacco ma non hanno fatto nulla, per apatia e per disorganizzazione. Così in una notte di aprile le ragazze sono state rapite nel loro dormitorio da 200 militanti armati, proprio come è stato descritto nel romanzo della scrittrice americana Susan Minot, uscito un mese prima del drammatico episodio di intolleranza religiosa: come nel libro, che ha colpito l'America per il tempismo dell'uscita, le ragazze sono state rapite perchè volevano studiare.
Per la drammaticità della situazione, questa mattina la first lady americana ha parlato al posto del presidente denunciando le atrocità in atto in Africa contro queste ragazzine e in generale nel mondo contro le donne da parte di forze retrograde. Michelle Obama ha avuto lo spazio del tradizionale discorso del sabato del marito Barack per celebrare "Mother's Day", il "Giorno della Mamma", che si festeggia con grande passione questa domenica in America. Lo ha fatto per elogiare le madri americane, ma lo ha fatto soprattutto per lanciare un appello agli estremisti islamici: non saranno perdonati per quello che hanno fatto. La first lady ha parlato come madre di due ragazze, Sasha e Malia vicine all'età di quelle rapite:«Sia io che Barack vediamo in queste ragazze le nostre figlie. Conosciamo i loro sogni le loro ambizioni, possiamo immaginare l'angoscia dei loro genitori dei loro parenti». La first lady ha detto che il marito si è impegnato ad aiutare il governo nigeriano per la ricerca delle ragazze. Dalle Nazioni Unite, dove si è riunito il Consiglio di Sicurezza, il rappresentante americano Samantha Power ha chiesto che il gruppo militante nigeriano Boko Haram, che vuole restituire al Paese uno status di califfato medioevale venga indicato come gruppo terrorista.
Ma nel suo discorso Michelle Obama, ha approfittato per ricordare che la causa per l'emancipazione della donna ha portato sì a grandi conquiste in America, dove spesso sono le madri a lavorare per la famiglia «ma lo stesso – ha detto ancora - non succede in troppi Paesi. Ci sono 65 milioni di ragazze nel mondo che non possono andare a scuola, che non possono crescere e vivere la loro vita. Ci sono ragazze come Malala Yousafzai cui i talebani hanno sparato in Pakistan solo perchè diceva di voler imparare», ha detto Michelle. Malala era su un autobus quando un gruppo di talebani è salito a bordo e le ha sparato un colpo di pistola alla nuca per punire le sue "violazioni" del codice islamico. Si è salvata per miracolo, si è poi incontrata l'anno scorso con Michelle che ieri ha ricordato le sue parole in un discorso alle Nazioni Unite:«I terroristi credevano che avrebbero cambiato le nostre aspirazioni, le nostre ambizioni ma niente è cambiato nella mia vita se non una cosa: la debolezza, la paura e il senso dell'inutilità di una battaglia sono morti per far nascere la forza, il potere e il coraggio».
Alcuni consiglieri militari americani sono giunti oggi in Nigeria per aiutare nel coordinamento delle operazioni, lavoreranno con i militari locali e con altri consiglieri militari giunti dalla Gran Bretagna e anche la Francia sta considerando l'invio di consiglieri. Ma l'occidente non schiererà truppe armate nel conflitto civile nigeriano dove la popolazione di 170 milioni di persone è divisa grosso modo a metà fra cattolici e musulmani. Il presidente Goodluck Jonathan ha preso le distanze dal rapporto di Amnesty International ma ha detto che ne investigherà sia il contenuto che le conclusioni. Secondo il rapporto alcuni membri del villaggio di Gagilam avrebbero informato il rappresentante del gruppo umanitario della presenza di guerriglieri e stranieri che erano passati in motocicletta dal loro villaggio diretti vero un altro villaggio Chibok, dove ha sede la scuola superiore. La scuola era stata chiusa per timori di attacchi terroristici, ma le ragazze avevano deciso di tornare per sostenere i loro esami. La notizia aveva irritato il capo di Boko Haram, che aveva ordinato il raid. Nonostante l'avvertimento in arrivo da Gagilam a una vicina caserma, gli ufficiali militari non sono riusciti a intervenire. Si dice che in caserma ci fossero soltanto fra i 10 e i 15 soldati. Si dice che i militari di un'altra caserma non fossero organizzati per intervenire in tempo o che più semplicemente hanno preferito evitare il pericolo di uno scontro a fuoco con ribelli agguerritissimi.
Ora ci si chiede dove siano le ragazze. Secondo una fonte militare americana il gruppo sarebbe stato diviso in gruppi più piccoli. Secondo altri e in particolare secondo l'ex primo ministro britannico Gordon Brown, inviato speciale dell'Onu per l'istruzione, le ragazze sarebbero già in Ciad o in Niger o in Camerun e le ricerche dovrebbero allargarsi ai Paesi vicini. Il presidente Jonathan però insiste che le ragazze sono ancora in Nigeria: «Quasi sicuramente nella grande foresta Sambisa... se le ragazze fossero stato trasferite in Camerun le avrebbero viste....». I piani per la liberazione procedono. E le madri americane hanno mostrato di recepire il messaggio della first lady: dedicheranno la loro festa a queste ragazze in balia di guerriglieri senza alcun scrupolo che rischiano di non vedere più le loro famiglie.
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