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Questo articolo è stato pubblicato il 11 maggio 2014 alle ore 14:11.
L'ultima modifica è del 11 maggio 2014 alle ore 19:40.

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Xavier Zanetti (Afp)Xavier Zanetti (Afp)

Ci sono piccole lezioni che valgono più di quelle grandi. Nel braccio di ferro tra le curve e il razzismo, i tifosi nerazzurri non avevano fatto bene i conti. Cari ultrà, che vi siete persi! Una notte da pelle d'oca, da raccontare ai nipotini. Ieri sera, nel giorno del suggestivo addio di Zanetti alla maglia nerazzurra, la curva nord di san Siro è rimasta desolatamente vuota come punizione per i soliti beceri cori razzisti indirizzati ai napoletani, rovinando parzialmente la festa al capitano di 19 anni di battaglie. Parzialmente però.

Solo parzialmente. Perché il tifo, quello sano, si è fatto sentire eccome. Ed è stato bello comunque, nonostante quello spicchio cupo, una brutta fotografia che resterà scolpita nella storia di un uomo straordinario che ha avuto comunque la splendida festa che meritava. Xavier Zanetti lascia il calcio giocato nel giorno in cui la sua Inter conquista praticamente un posto in Europa League battendo la Lazio, diretta avversaria per l'obiettivo minimo da raggiungere in una stagione poco felice per entrambe. Non poteva non vincere l'Inter. Sugli spalti aleggiava un karma positivo trascinante. Un'atmosfera pazzesca e carica di riconoscenza per un capitano che ha segnato la storia recente della società nerazzurra, dal 1995 ad oggi, culminata con il triplete di Mourinho. C'erano tutti per dire addio a Pupi. In campo ad osannarlo tutti i compagni, e i due presidenti, Moratti e Thohir e la famiglia, la moglie Paula e i tre figli. E sessantamila persone a sgolarsi per dirgli ‘grazie'. E musica epica e qualche eccezione al protocollo con il quarto uomo, per esempio, ad applaudirlo al momento dell'ingresso in campo, all'inizio del secondo tempo e persino un'invasione di campo per una volta tollerata che gli ha strappato una lacrima quando il giovane tifoso, dopo aver scavalcato le transenne, si è gettato ai suoi piedi.

E tanti fischi per Mazzarri, chissà se solo per non averlo messo in formazione dall'inizio o per un accumulo di frustrazione stagionale. Ma intanto la partita era da vincere e l'Inter l'ha portata a casa egregiamente pur andando sotto dopo soli 2' di gioco. La difesa nerazzurra dimentica Klose appostato sul secondo palo e Biava ne approfitta con un colpo di testa per spingere in rete. Ma il clima da gita scolastica finisce subito. L'Inter serra le fila e si ricompatta approfittando di un ‘altrettanto imperdonabile leggerezza difensiva.Sul fronte opposto infatti Dias lascia praterie per le incursioni nerazzurre affidate ai piedi sopraffini di Kovacic che confeziona due assist da grande campione. Il primo è uno splendido filtrante che al 7' libera al tiro Palacio che non sbaglia e il secondo al 34' per Icardi. Per entrambi gli argentini è un onore partecipare da protagonisti alla grande festa del capitano ed entrambi corrono ad abbracciarlo dedicandogli i gol. Palacio trova anche il gol del 3-1, il modo migliore per farsi perdonare l'ammonizione che gli costerà la squalifica dell'ultima giornata con il Chievo.

La Lazio non sta a guardare e quando l'Inter sichiude per difendere il risultato mette in seria difficoltà a più riprese il portiere Handanovic che blinda la sua porta. Hernanes chiude i conti con un diagonale che mette tutti al sicuro. Adesso sì, si può pensare solo alla festa per il capitano.
solo per Walter Samuel e Diego Milito, anche loro all'ultima apparizione in nerazzurro a San Siro. Avrebbero meritato una vetrina più scintillante ma Xavier – non poteva essere altrimenti – gli ha rubato la scena.

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