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Questo articolo è stato pubblicato il 12 maggio 2014 alle ore 18:34.

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Ahmet Davutoglu (Reuters)Ahmet Davutoglu (Reuters)

Cipro dal 1974 resta un'isola divisa dall'ultimo muro d'Europa. Ma oggi la Turchia è stata condannata dalla Corte europea dei diritti umani di Starsburgo a versare entro tre
mesi 90 milioni di euro a Cipro per risarcire i familiari delle vittime delle operazioni militari condotte dalle forze di Ankara tra il luglio e l'agosto 1974 contro i greco-ciprioti residenti nella penisola di Karpaz. La Corte ha infatti riconosciuto che i loro diritti sono stati violati a causa della divisione dell'isola.
Si tratta di una delle sanzioni più pesanti tra quelle comminate finora dal tribunale internazionale e non mancherà di scatenare polemiche.

Secondo le stime dell'Onu, circa 165mila greco-ciprioti sono fuggiti o sono stati espulsi dal nord dal 1974, mentre 45mila turchi sono stati messi in fuga dal sud. La Turchia mantiene tuttora sulla parte settentrionale dell'isola circa 40mila truppe nella parte settentrionale riconosciuta solo da Ankara.

La sentenza probabilmente non verrà rispettata dal governo turco e verrà usata dai turchi per bloccare i negoziati per la riunificazione dell'isola del Mediterraneo. La risposta del governo Erdogan non si è fatta attendere. Il ministro degli Esteri, Ahmet Davutoglu, ha respinto al mittente il giudizio della Corte europea dei diritti umani, dicendo che non è vincolante ed è arrivato in un momento poco proprizio per i colloqui volti a riunire l'isola.
«Questa decisione non è vincolante e non ha valore per noi. Oltre ad essere giuridicamente dannosa è anche intempestiva», ha dichiarato Davutoglu, secondo l'agenzia di stampa ufficiale Anadolu, riferendosi ai colloqui di pace sull'isola che sembravano aver finalmente preso vigore. «E' una decisione incoerente con il clima psicologico positivo dei negoziati di pace a Cipro», ha detto il ministro che continua ad avere una visione "politica" della giustizia internazionale, soprattutto quando mette in discussione la posizione turca che partita con l'ambizioso piano di politica estera di "zero problemi" con i vicini è giunta ad avere molti problemi con tutti i vicini. Un sostanziale fallimento che ha isolato diplomaticamente la Turchia dai suoi vicini e l'ha vista imboccare una strada di intransigenza e pericolosa autoreferezialità .

La sentenza della Corte europea dei diritti umani arriva dopo 13 anni il primo giudice aveva trovato diffuse violazioni dei diritti umani delle vittime dell'invasione, tra cui migliaia di persone che hanno perso le loro case e proprietà.

La decisione odierna della Corte di Strasburgo, che è definitiva, poggia sulla condanna
pronunciata dalla stessa Corte nel 2001 nei confronti delle autorità turche, quando i giudici stabilirono che la Turchia aveva violato con le operazioni militari e il mantenimento della divisione dell'isola numerosi articoli della Convenzione europea
dei diritti umani. Allora la Corte affermò di non essere in grado di esaminare
la questione dei risarcimenti, che i giudici hanno ripreso in esame dal 2007 su domanda di Nicosia. Con la decisione di oggi i giudici hanno stabilito che la Turchia dovrà versare al governo cipriota 30 milioni di euro per risarcire i familiari delle persone scomparse durante le operazioni militari e altri 60 milioni ai residenti greco ciprioti della penisola di Karpaz, per la violazione dei loro diritti in seguito alla divisione dell'isola.
Sarà poi il governo cipriota sotto la supervisione del comitato dei ministri a distribuire, entro 18 mesi, le somme dovute a ciascuna vittima. Il ricorso contro la Turchia venne
presentato da Cipro nel 1994 e la questione dell'esecuzione della sentenza emessa dalla Corte nel 2001 pende a tutt'oggi davanti al comitato dei ministri del Consiglio d'Europa.

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