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Questo articolo è stato pubblicato il 12 maggio 2014 alle ore 12:20.
L'ultima modifica è del 12 maggio 2014 alle ore 13:01.

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Quarant'anni fa la scelta (sofferta) degli italiani di blindare il divorzio. Correva infatti il 12 maggio del '74 e quasi sei su dieci (il 59,3%) tramite un referendum, dissero no all'abrogazione della legge Fortuna-Baslini, socialista il primo e liberale il secondo, che quattro anni prima aveva introdotto il divorzio nell'ordinamento giuridico italiano. Contro la legge, approvata nel pieno del cosiddetto "autunno caldo", preludio storico degli Anni di piombo, si erano espressi Democrazia cristiana, Movimento sociale italiano, Südtiroler Volkspartei e il Partito democratico italiano di Unità monarchica. A favore del riconoscimento del divorzio socialisti, comunisti, repubblicani, liberali e radicali.

La campagna elettorale infuocata
La parola passò dunque al referendum. C'eravamo tanto amati? Non proprio: la campagna elettorale ebbe toni aspri. Sembrava di essere tornati al '48, quando l'Italia fece una scelta di campo: se stare dalla parte dell'occidente o del blocco sovietico. Toni apocalittici da parte dello schieramento antidivorzista: il segretario della Dc Amintore Fanfani in un comizio attaccò i divorzisti perché «approvano le passioni, la libidine, gli istinti animaleschi degradanti la dignità della persona umana». Sull'altro fronte, il Pci finanziò quattro mini filmati pro-divorzio con protagonisti Gianni Morandi, Nino Manfredi, Gigi Proietti e Pino Caruso.

Al referendum sul divorzio il record del quorum
Alle urne si recarono oltre 33 milioni di elettori, oltre l'87% degli aventi diritto: è stato raggiunto in quella occasione il quorum più alto di votanti in una consultazione popolare. Non solo. Fu il primo referendum abrogativo della storia repubblicana. Fanfani uscì alla fine sconfitto.

All'esame della Camera il divorzio breve
Mercoledì in commissione Giustizia della Camera riprenderà l'esame del testo sul cosiddetto "divorzio breve", che punta a ridurre a un anno, rispetto agli attuali tre, il tempo di separazione ininterrotta richiesto per poter accedere allo scioglimento definitivo del matrimonio. La storia si ripete. Con toni minori.

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