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Wladimiro Panizza, «la Roccia» che lanciò la sfida a Bernard Hinault

Ottava tappa, Foligno-Montecopiolo: 179 chilometri e il primo arrivo in salita. In cima a un Gran premio di prima categoria posto ai 1.235 metri dell'Eremo della Madonna del Faggio. Prima salita vera, prime scosse alla classifica generale. Chi si deve muovere inizierà a farlo. Oggi ricordiamo Wladimiro Panizza, un gregario-campione che è rimasto nella memoria di tutti gli appassionati di questo sport. Un gregario-campione che ci ha lasciati, a soli 57 anni, tradito da quel cuore immenso che sembrava non dovesse fermarsi mai.

Ne ha corsi tanti, di Giri d'Italia, Wladimiro Panizza: più di tutti gli altri. Le sue 18 partecipazioni sono un record che probabilmente resterà imbattuto. A quarant'anni era ancora in sella, indistruttibile. Per questo si era meritato il soprannome «la Roccia», perchè sembrava fatto di acciaio, non mollava mai. Correva proteggendo i suoi capitani, prima Moser e poi Saronni, ma spesso si trovava davanti perchè, nel profondo del suo animo, sapeva di essere anche lui un capitano.

La sua grande delusione risale al primo dei 18 Giri, quello del 1967: nella tappa delle Tre Cime di Lavaredo, roba per stomaci forti, Gimondi, Merckx e Motta si danno battaglia. Un ritmo infernale aiutato in modo scandaloso dalle spinte dei tifosi. Una situazione così incresciosa che porta all'annullamento della frazione. Zavoli, al Processo alla tappa, mostra a Vincenzo Torriani le immagini di quello che è successo in corsa. Spinte per tutti, ai tre davanti e agli inseguitori. Per tutti, ma non per Wladimiro Panizza, che su quelle rampe era salito con la sola forza delle sue gambe, pedalata dopo pedalata. L'annullamento colpisce (ingiustamente) anche lui, l'unico a non aver ricevuto aiuti. Il vero vincitore di una tappa che non gli verrà mai data, e che finisce tra le lacrime perchè i complimenti di Zavoli non possono bastare. Le Tre Cime di Lavaredo, se le vinci, ti cambiano la vita.

Panizza era uno scalatore, e si è sempre lamentato perchè al Giro c'erano poche montagne e troppe frazioni a cronometro. Ma, generoso com'era, non si è mai tirato indietro. Il suo fisico coriaceo e la sua mascella dura li trovavi improvvisamente davanti al gruppo non appena la strada iniziava a salire. E nel suo non tirarsi indietro al Giro del 1980, quando aveva ormai 35 anni, si è trovato a lanciare la sfida a uno dei più grandi di sempre, Bernard Hinault. Nessuno osava attaccare il francese, tanta era la superiorità su ogni terreno, e quindi era il momento di Panizza. Che attacca, raccoglie il guanto di sfida di Hinault e sulla salita di Roccaraso non lo molla, incollato come per magia a quel treno travestito da uomo. Conquista la Maglia Rosa, la difende per sei giorni. Si deve arrendere sullo Stelvio, dove Hinault scortato dall'inseparabile Bernaudeau piazza il colpo decisivo. Per Panizza non c'è nulla da fare, nessuno che lo possa aiutare a difendere il primato contro il francese scatenato. Il Giro si chiude con un secondo posto che nessuno ha mai dimenticato.

Dei suoi 18 Giri, otto li ha conclusi tra i primi dieci della classifica, pur correndo per aiutare i propri capitani. Al Tour de France del 1974 ha sfiorato il podio, arrivando quarto dietro a Merckx, Poulidor e Lopez Carril. E ancora quarto, sul durissimo percorso di Sallanches, è arrivato al Mondiale del 1980. Ha vinto 17 gare in carriera, tra le quali spiccano il Midi Libre, il Giro di Romagna, il Giro del Friuli, due tappe al Giro e una al Tour: in salita, manco a dirlo.

Oggi ricordiamo Wladimiro Panizza e il suo grande cuore: con lui rendiamo omaggio a tutti i gregari che hanno pedalato sulle strade del Giro. Hanno fatto più fatica dei loro capitani, hanno fatto più strada, hanno spremuto fino all'ultima stilla di sudore. Non hanno mollato mai, fino a quando nelle gambe restava un briciolo di forza da spendere. Hanno superato il caldo insopportabile delle giornate torride portando borracce e il gelo della discese per consegnare mantelline. Hanno lottato, pianto, gioito. Oggi è il giorno di Wladimiro Panizza, oggi è il loro giorno.

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