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Questo articolo è stato pubblicato il 14 maggio 2014 alle ore 07:01.
L'ultima modifica è del 14 maggio 2014 alle ore 07:02.

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Isabella
Bufacchi Ancora un'asta di BTp nel segno della compressione dei rendimenti. Il triennale, risalito di un soffio sopra l'1%, rende pochissimo (tra tutti i BTp fu quello a tre anni che toccò il tasso più alto in asta durante la crisi dell'euro, al 7,89% il 29 novembre 2011). Tanto meno rendono i titoli di Stato, tanto più si investe nell'economia reale: un circolo virtuoso che il mercato confida verrà accelerato dalla Bce con un mix di strumenti convenzionali e non convenzionali di politica monetaria.
Il rendimento dei titoli di Stato italiani scende in verità per tanti motivi, non solo per le attese sul quantitative easing: il ritorno della fiducia nell'euro (azzerato il tail risk con le OMTs di Mario Draghi) e nell'Italia (avviata sul cammino delle grandi riforme con conti pubblici in ordine); il flusso in uscita dagli emergenti e in entrata nella periferia europea; la caccia all'"alto" rendimento per controbilanciare i livelli bassissimi dei Paesi core (oggi la Germania emette un nuovo Schatz con la curva a due anni che di recente è scesa a 0,10%).
I BTp rendono di meno naturalmente anche perchè traders e investitori puntano su una formula rivisitata di quantitative easing dalla Bce, acquisti di titoli di Stato in euro sul mercato secondario. Chiara Manenti, fixed income strategist di IntesaSanPaolo, ritiene che tra le tante ipotesi per la Bce, quella «politicamente più difendibile» vedrebbe acquisti di titoli di Stato in percentuale uguale sul totale in circolazione sui singoli mercati (e per esempio non in base alle quote di partecipazione nel capitale Bce). L'operazione così fatta «avrebbe l'effetto di ridurre nel lungo termine il bear market sulle curve core per effetto di un aumento delle aspettative su crescita e inflazione (tassi tedeschi al rialzo ndr.) e una riduzione dei premi al rischio sui paesi periferici e sui corporate, per effetto della riallocazione dei portafogli verso attività più rischiose», prevede Manenti. Più denaro all'economia reale.
Nella cassetta degli attrezzi della Bce c'è però molto di più di un non-proprio-QE riadattato alle peculiarità di casa euro. Resta qualche colpo in canna nello strumento principe della politica monetaria, il calo dei tassi overnight. Se la Bce dovesse decidere di tagliare il tasso delle operazioni di rifinanziamento principale, ora allo 0,25%, il calo si estenderebbe alla riserve obbligatorie. Se nonostante questo taglio il tasso della remunerazione dei depositi presso la Bce dovesse rimanere invariato all'attuale 0%, il "corridoio" tra i due si stringerebbe e questo potrebbe rendere quel segmento del mercato meno praticabile dagli intermediari che farebbero meno scambi, aumentando la volatilità dei tassi sul brevissimo termine. Ecco perchè al taglio del refi è prevedibile all'unisono una riduzione di uguale entità praticata sul tasso dei depositi overnight che dallo 0% scenderebbe a un livello negativo, un evento senza precedenti nella breve storia del giovane euro. Il "corridoio" in questo caso resterebbe invariato, solo spostato tutto al ribasso. E questo dovrebbe avere - il condizionale è d'obbligo in terre inesplorate - un impatto importante sulla liquidità in eccesso: il tasso negativo infatti non si applicherebbe solo al denaro parcheggiato overnight dalle banche nei depositi presso la Bce (ora 30/40 miliardi dal picco di oltre 800 miliardi dei giorni più bui della crisi dell'euro) ma colpirebbe anche le riserve in eccesso, quelle che restano parcheggiate su conti correnti delle banche al netto della riserva obbligatoria. Non investire la liquidità in eccesso diventerebbe decisamente più oneroso. Le banche sarebbero così "invitate" a trovare una remunerazione alternativa migliore. Il taglio di tutti questi tassi farebbe calare Eonia ed Euribor riducendo il costo della raccolta sui prestiti bancari a tasso variabile erogati a imprese e famiglie. Oltre al taglio del rifinanziamento principale e del tasso negativo sulla liquidità in eccesso, la Bce potrebbe decidere di sospendere la sterilizzazione degli acquisti del Securities markets programme, iniettando 170 miliardi circa di liquidità: i tassi di mercato avrebbero un ulteriore buon motivo per scendere. Non è da escludersi poi che la Bce possa introdurre qualche novità nelle clausole che regolano le LTRO pluriennali per evitare che le banche ripaghino le due LTRO triennali vigenti solo per ricrearsi la stessa liquidità con le operazioni FRFA (fixed rate full allotment).
@isa_bufacchi
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