Notizie ItaliaLe imprese di Palermo stanche delle collusioni della politica con la mafia
Le imprese di Palermo stanche delle collusioni della politica con la mafia
di Roberto Galullo | 15 maggio 2014
Centinaia di migliaia di voti e migliaia di persone pronte a mobilitarsi: eccolo l'esercito, fatto di beni materiali e immateriali, di Cosa nostra nelle urne. Che siano europee, politiche o comunali, poco importa. Lo scopo è sempre lo stesso: influenzare, dirigere e decidere le sorti economiche (prima) e sociali (di conseguenza) di un territorio.
L'ultima conferma in ordine temporale giunge dal focus di approfondimento dell'Osservatorio economico della Provincia di Palermo, elaborato un mese fa dalla Camera di Commercio in collaborazione con l'Istituto Tagliacarne. Per il 90,4% degli imprenditori palermitani i politici sono i più collusi con la mafia. Uno su quattro pensa poi che la categoria professionale più vicina a Cosa nostra sia costituita dagli impiegati della pubblica amministrazione.
Secondo l'86% degli imprenditori intervistati, il connubio tra mafia e politica ha alterato lo sviluppo del territorio e per quattro su cinque (80,4%), anche la relazione Cosa nostra-imprese ha inquinato le traiettorie di crescita socio-economiche. Per due imprese su tre, poi, le pratiche estorsive ed usuraie, spesso legate a minacce ed atti vandalici, costituiscono i comportamenti criminali più gravi. E, in particolare, per quanto riguarda l'usura le imprese non nascondono la potenziale responsabilità di una pubblica amministrazione che paga in fortissimo ritardo i propri debiti alle aziende.
La provincia di Palermo, si legge nel rapporto, si classifica ancora come «un territorio ad elevata intensità criminale» con «una vulnerabilità sociale ed economica» che la rende «terreno fertile per la criminalità, che nel territorio, si distingue per l'esercizio (di tipo militare) di un diffuso e capillare controllo delle attività economiche, politiche e amministrative, sviluppando contiguità con le imprese, le forze dell'ordine, la classe dirigente, i professionisti». Secondo gli imprenditori intervistati, le attività legali ascrivibili alle organizzazioni criminali incidono sul Pil provinciale in misura del 10,8% mentre quelle illegali contribuiscono per il 9,5%.
I settori maggiormente interessati dalle interferenze mafiose sono quelli delle costruzioni (77,8%) e dei lavori pubblici (65,2%), seguiti più a distanza dal commercio (22,4%). Il 44,8% del campione di imprese ritiene che la criminalità organizzata aumenta la concorrenza sleale, mentre un imprenditore su tre attribuisce a questo fattore la mancata crescita dell'occupazione (34,6%). Per contrastare l'illegalità, sottolineano l'importanza dell'approccio repressivo, cioè interventi delle Forze dell'ordine e maggiore severità delle leggi, ma anche di quello preventivo, ovvero politiche per la coesione sociale, promozione del senso civico e della cultura della legalità, che mirano soprattutto a sradicare la matrice socioculturale della criminalità.
r.galullo@ilsole24ore.com