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Questo articolo è stato pubblicato il 14 maggio 2014 alle ore 09:48.

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Quella scorta che, forse avrebbe potuto salvargli la vita, Marco Biagi la chiedeva da mesi con lettere indirizzate anche all'allora ministro dell'Interno Claudio Scajola. Lettere con richieste di protezione motivate dalle minacce che il giuslavorista, consulente del ministero del Lavoro e firmatario del Libro Bianco, riceveva con sempre maggiore frequenza. La scorta non gli fu concessa: dopo l'11 settembre del 2001 i tagli al servizio di protezione erano stati motivati con la necessità di rafforzare quello antiterrorismo di matrice islamica. Invece, Marco Biagi fu ammazzato il 19 marzo 2002 da un gruppo di fuoco delle Nuove Brigate Rosse.

Oggi, a 12 anni di distanza, la Procura di Bologna riapre le indagini su quella omessa protezione. Fatto non casuale ma strettamente legato all'arresto di Scajola e aall'acquisizione, da parte della magistratura, di carte provenienti dall'archivio dello stesso ex ministro e in possesso del suo segretario, Luciano Zocchi. A chiedere che venga riesaminato il caso è il pm della Procura bolognese Antonello Gustapane, il pubblico ministero che all'epoca dei fatti chiese l'archiviazione dell'accusa di cooperazione colposa in omicidio per gli accusati: l'allora direttore dell' Ucigos, Carlo De Stefano (Ufficio centrale per le investigazioni generali e per le operazioni speciali), del suo vice Stefano Berrettoni, del questore Romano Argenio e del prefetto Sergio Iovino.

Al momento non ci sono iscritti sul registro degli indagati e il fascicolo viene definito dalla Procura di Bologna "puramente conoscitivo", mentre, a quanto risulta, è già stata sentita dagli inquirenti la moglie, bolognese, dell'ex ministro Sacconi, che ai tempi del delitto Biagi era sottosegretario del ministero del Lavoro. Un atto dovuto, quindi, alla luce dei documenti inviati pochi giorni fa dai magistrati che hanno disposto l'arresto di Scajola per avere favorito la latitanza di Amedeo Matacena, ex parlamentare di Forza Italia accusato di concorso esterno in associazione mafiosa.

Il difficile rapporto tra Biagi e Scajola costò infine a quest'ultimo le dimissioni dal ministro dell'Interno; durante una visita a Cipro a pochi mesi di distanza dall'omicidio del giuslavorista, con infelice risposta data a chi gli chiedeva della mancata scorta al professore, il forzista rispose: «Biagi era un rompi… che voleva il rinnovo del contratto di consulenza».

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