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Questo articolo è stato pubblicato il 14 maggio 2014 alle ore 21:29.

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«In queste condizioni non mi è più possibile assicurare pienamente e serenamente la direzione del giornale». È con queste parole che Natalie Nougayrede ha lasciato la direzione di Le Monde. In pieno conflitto con la redazione, la prima direttrice donna del prestigioso quotidiano francese non ha avuto altra scelta che gettare la spugna, neanche un anno e mezzo dopo la sua nomina.

«La volontà di certi membri di Le Monde di ridurre drasticamente le funzioni del direttore è incompatibile, per me, con la possibilità di portare avanti la mia missione - ha spiegato in una nota alla redazione - Ciò indebolirà profondamente e a lungo termine la funzione. Gli attacchi diretti e personali nei confronti della direzione e del mio operato mi impediscono di portare avanti il piano di trasformazione concordato con gli azionisti e che necessita un ampio appoggio della redazione, nell'interesse del giornale».

Appena alcuni giorni fa, due vicedirettori vicini alla Nougayrède avevano già dato le dimissioni. Nel frattempo, l'ormai ex direttrice aveva tentato di formare un nuovo staff, senza riuscire però a trovare alleati all'interno del giornale. Le sue funzioni dovrebbero essere rapidamente assunte da un sostituto, nell'attesa che venga nominato un nuovo direttore. A Natalie Nougayrede, 46 anni, eletta con ampi consensi nel marzo del 2013, sono rimproverati metodi di gestione "rigidi" e "autarchici". È accusata dai colleghi "non ascoltare nessuno" e "di non saper prendere le decisioni urgenti".

Alla prematura scomparsa del suo predecessore, Erik Izraelewicz, Natalie Nougayrede ha ereditato un giornale con i conti in rosso e la difficile transazione dal cartaceo al web. Una situazione simile a quella di un altro celebre giornale in Francia, Libération, il quotidiano storico della gauche, al limite del fallimento e senza direttore dopo le dimissioni di Nicolas Demorand. La crisi vera e propria a Le Monde è scoppiata la settimana scorsa con le dimissioni di massa di un gruppo di caporedattori. Un gesto simbolico e forte per protestare contro il piano di mobilità, presentato a febbraio, che prevede il trasferimento di una cinquantina di posti di giornalisti alla redazione online. Allo stesso tempo, la nuova direzione editoriale prevedeva di lanciare una nuova formula del giornale, con un taglio di rubrica, e una versione per il tablet. Un piano generale giudicato "brutale" dai giornalisti. Dopo le dimissioni di gruppo, il ritmo delle riforme è stato rallentato e si svilupperà su più mesi.

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