Notizie SportVan Steenbergen, il velocista che volava anche in salita
Van Steenbergen, il velocista che volava anche in salita
di Mattia Losi | 20 maggio 2014
Decima tappa, Modena - Salsomaggiore Terme: 173 chilometri lisci e senza asperità, come solo bassa la Padana sa regalare. Un paesaggio piatto eppure affascinante, dove il sole batte fino a spaccare la testa. Terra di motori, ma anche di terra di volate, perché le salite le devi cercare con il lanternino. E nella tappa di oggi non ne trovi: l'asperità che da Fidenza porta ai 166 metri di Salsomaggiore verrà superata come un cavalcavia, nulla di più. Tappa per velocisti, quindi: il campione di oggi è "Rik" Van Steenbergen, all'anagrafe Hendrik.
È stato uno dei più grandi di ogni epoca: per numero di vittorie, quarto assoluto dopo Merckx, Van Looy e Francesco Moser, e soprattutto per la qualità delle stesse, scelte con cura tra le gare più straordinarie della storia del ciclismo. Tre campionati del mondo, nel 1949, 1956 e 1957, record condiviso con Binda e Merckx, due Parigi-Roubaix, due Giri delle Fiandre, la Milano-Sanremo.
La sua carriera è stata lunghissima: ha iniziato a vincere nel 1943, diventando campione del Belgio a 19 anni ancora da compiere, ed è sceso dalla bici a 40 anni compiuti. Proseguendo poi per altri tre anni l'attività su pista, specialità nella quale ha vinto 40 Sei Giorni sulle 134 disputate. Tanto per intenderci, ha iniziato a vincere ai tempi di Fausto Coppi, Gino Bartali e Fiorenzo Magni e ha finito quando c'erano in circolazione Gianni Motta e Felice Gimondi.
Era veloce, velocissimo, anche grazie a un fisico straripante, per l'epoca addirittura eccezionale: sfiorava il metro e 90 e pesava più di 80 chili. Potenza pura, che in volata non concedeva scampo agli avversari.Sembrava nato per le classiche, perchè oltre alla velocità era dotato di una resistenza fuori dal comune che gli consentiva di battersi al meglio su ogni terreno. E, a sorpresa con tutti quei chili da portare a spasso, anche in salita. Non salite facili, ma quelle dure, spaccagambe, dove per andare avanti dovevi alzarti sui pedali e rilanciare continuamente l'azione.
Quando nel 1951 decise di fare classifica al Giro d'Italia indossò per sette giorni la Maglia Rosa: rimasto con un solo compagno di squadra, Ugo Massocco, non si diede per vinto e arrivò al traguardo finale con un minuto e 46 secondi di distacco dal vincitore, Fiorenzo Magni. Dietro di lui Kubler e Coppi, il campionissimo. Ancora più indietro Koblet, Bobet e un ormai vecchio ma ancora indomabile Gino Bartali.Trovatelo, se ci riuscite, un altro velocista così.
Al campionato del mondo del 1949 Fausto Coppi confessò di aver avuto una giornata eccezionale, di essere in ottimo stato di forma, di aver pedalato forse nella miglior condizione della sua carriera: ma non riuscì a staccare Rik Van Steenbergen, che vinse in volata.
Nei grandi Giri, a parte quello del 1951, non ha mai corso per la classifica: troppa fatica, troppe energie da sprecare e per uno come lui, al quale interessavano le tappe che collezionava come le grandi classiche. Quindici al Giro, quattro al Tour (dove indossò anche la Maglia Gialla) sei nell'unica Vuelta di Spagna disputata, dove fece sua anche la classifica a punti.
È morto ad Anversa, nel maggio del 2003, ma ha fatto in tempo a vedere i velocisti di tutto il mondo scontrarsi nella gara a lui intitolata, il Memorial Van Steenbergen. Lui l'avrebbe vinta più volte, ovviamente. Come avrebbe vinto oggi: il traguardo di Salsomaggiore sembra disegnato apposta per lui.