Storia dell'articolo
Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 18 maggio 2014 alle ore 08:14.

My24

Sola, allein, totalmente sola. Così le prime parole di Elektra, nell'opera di Strauss, in un attacco folgorante, inciso nel dolore, straziato. La regia di Patrice Chéreau, da stasera alla Scala, vista quest'estate al Festival di Aix, le chiede di emergere da una botola a terra, nel palcoscenico. Il gesto, di stralunata ribellione, è modellato su archetipi figurativi classici, ripresi dalla pittura delle Passioni, oggi sempre sotto i nostri occhi, dal vivo, nelle immagini dei reportage di guerra. Profondamente umana vuole Elektra Chéreau, scomparso lo scorso 7 ottobre: più che il desiderio di vendetta, a muovere i personaggi è il bisogno di abbracci, di contatto fisico, di perdono. Così che il gesto più frequente in questo spettacolo diventa il gettarsi della protagonista alle ginocchia della madre, Clitemnestra, della sorella, Crisotemide, e infine del fratello Oreste.
Lei, la primogenita, figlia di Agamennone re di Micene, ucciso dalla moglie al ritorno della guerra di Troia, vive da un tempo imprecisabile segregata tra le domestiche, che la sbeffeggiano, la temono. Ce la descrivono in termini animaleschi e selvaggi, suscitando solamente in una di loro un afflato di umana comprensione. In questa casa dalle alte mura impenetrabili, nella scena di Richard Peduzzi, dove il delitto è stato compiuto e dove il sangue chiede vendetta. L'ombra del padre ucciso risuona come richiamo minaccioso in orchestra, nelle prime note di Elektra, consegnata alla punta di diamante della direzione di Esa-Pekka Salonen, sorprendente e originale sul podio, per invenzione creativa e gesto. Come dimostrato dal concerto con la Filarmonica della Scala, nei giorni scorsi, dove ha proposto - il proprio Concerto per violino, con una spettacolare Leila Josefowicz (in dolce attesa, al terzo figlio) e un Sacre di Stravinskij intrecciato di edonismo e analiticità. Troppo nuovo, a tratti persino troppo difficile per l'orchestra. Ma Salonen è uno dei rari che dal podio sanno far crescere una squadra, perché ha musica nuova dentro da raccontare. Il suo Strauss lo conferma, ricco nei timbri e finalmente diversificato e acceso ritmicamente, come chiede la partitura. Non la consueta melassa.
Anche il cast, straordinario dai primi ruoli fino agli ultimi, riprende la locandina di Aix: Evelyn Herlitzius è una protagonista di centrata teatralità, in sfida con la Clitemnestra di Waltraud Meier. Il loro incontro, con la richiesta della madre alla figlia di spiegazione dei sogni, diventa il momento cardine dello spettacolo. La sorella buona, Crisotemide, ha i tratti morbidi di Adrianne Pieczonka, Egisto è Tom Randle. L'unico ingresso nuovo è quello di René Pape, il fratello Oreste. Una curiosità: anche alla Scala nella parte del servo di Oreste canta il basso Franz Mazura, di Salisburgo, classe 1924 (90 anni compiuti in aprile).
Un anno fa Chéreau era a Milano, per iniziare le prove di Elektra. Meticoloso come pochi (per la ripresa di Tristano aveva chiesto un numero di giornate pari a quelle della prima esecuzione) il regista francese amava la Scala. Qui avevano riscosso una tangibile adesione emotiva gli allestimenti dei suoi ultimi Tristan und Isolde del 2007, con Barenboim, e Da una casa di morti di Janacek, nel 2009, con Salonen. Qualcuno, di buona memoria e di vigili anni, si ricordava ancora del debutto con la Lulu, nel 1979 al Festival Berg di Claudio Abbado, con la direzione di Boulez.
Aveva voluto provare in anticipo Chéreau, in apparenza senza alcuna intenzionalità. Quella che ora appare commovente preveggenza, era nei suoi disegni una semplice esigenza pratica: il dovere di studiare in profondità un allestimento. Il disegno dello scorrere del tempo doveva uscire come il pedale di fondo di Elektra: tema cardine di una estetica tanto ben individuata nella sospensione tesa delle sue regie. In Strauss veniva tradotto attraverso la fisicità disarmata. Espressiva, anziché espressionista. Persino fragile. Insolita, nel contesto della vicenda attinta dal mito, passata di mano in mano tra i tragici greci e approdata attraverso Sofocle al libretto di Hofmannsthal per Strauss. Andata in scena per la prima volta a Dresda, nel 1909. Parricidio e matricidio, alfa e omega di Elektra per la prima volta si offrono sbriciolati in gestualità cariche di umanesimo. Non per questo meno incomprensibili e lancinanti.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Elektra, di Richard Strauss; direttore Esa-Pekka Salonen, regia di Patrice Chéreau; Teatro alla Scala, da stasera
al 10 giugno
il disco del sole
Il filo rosso delle forme antiche unisce tra loro
i cinque brani del nuovo cd del Duo Gazzana, ottime strumentiste, Natascia e Raffaella, perfettamente in dialogo. È il Novecento
che guarda indietro, al rassicurante contrappunto dell'omaggio a Bach di Silvestrov o alle danze della Tartiniana
di Dallapiccola. Ma il più grande rimane Poulenc, con la Sonata per violino e pianoforte. Qui l'antico è vero, senza maniera, restituito con intima naturalezza. (C.M.)
Schnittke, Poulenc, Silvestrov, Walton, Dallapiccola, Duo Gazzana; 1 cd ECM

Commenta la notizia

Shopping24

Dai nostri archivi