Storia dell'articolo
Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 18 maggio 2014 alle ore 08:14.

«Spazzine, tranviere, campanare, cantoniere, addirittura pompiere. E poi barbiere, boscaiole, tassiste, ma anche direttrici d'orchestre e professoresse»: è l'iconografia del lavoro femminile durante la Prima Guerra mondiale, rievocata da Claudia Galimberti nel volume Donne nella Grande Guerra (il Mulino). «Da questo momento inizia, sia pure lentamente, la decadenza della società patriarcale italiana», scrive ancora Galimberti.
Fidanzate, mogli e madri rimangono improvvisamente sole, abbandonate dagli uomini chiamati al fronte, e imparano ad affrontare una nuova condizione che accelera l'inizio del processo di emancipazione: chi già lavorava lo farà a maggior ragione, chi non aveva un'occupazione la cercherà, costretta dai fatti. Il volume si compone di diversi ritratti che danno conto della varietà dei contributi femminili in un'Italia in cui le donne non sono spettatrici del conflitto ma compiono un lavoro spesso oscuro e faticoso. È il caso delle crocerossine raccontate da Elena Doni, in missione negli ospedali da campo, nei treni-ospedale, al fronte sulle doline del Carso o nei boschi di Asiago. Alla fine del 1918 sono un esercito di circa 10mila volontarie che prestano le prime cure ai feriti, si occupano del recupero degli invalidi, e offrono un conforto morale importante spesso al pari di quello medico. Ma in guerra altrettanto preziosa è l'attività delle portatrici carniche: gruppi di donne che a turno, sfidando la morte, riforniscono i soldati in prima linea di cibo, munizioni, medicine e ogni genere di aiuto "portando", appunto, il tutto in grosse e pesantissime ceste su per impervi sentieri di montagna. Ore di cammino, evitando le strade principali e affondando nella neve per aggirare il pericolo del fuoco nemico. Francesca Sancin tratteggia la figura di Maria Plozner Mentil, di Timau (paese della Carnia al confine con l'Austria), che cadrà a 32 anni sotto i colpi di un cecchino austriaco in un momento di riposo nel percorso di ritorno.
Nel libro non manca un capitolo dedicato ai bordelli di guerra: miseria nera d'un lato, abbrutimento in trincea dall'altro. Sono tante le Wande, scrive Maria Serena Palieri, che finiscono per prostituirsi nei casini bellici nati sotto la direttiva del generale Cadorna, e nelle case di tolleranza (destinate solo alle maggiorenni: negli altri si entrava dai 16 anni), con il consueto tariffario e il sogno di qualche tenerezza vera.
All'estremo opposto ci sono le intellettuali militanti, donne consapevoli e forti del loro sapere, curiosamente "interventiste" come sottolinea nella prefazione Dacia Maraini, rilevandone in qualche modo anche una umana fragilità: «proprio loro, che per gli studi che hanno fatto dovrebbero avere familiarità con le idee, si fanno incantare da uomini politici senza scrupoli». Come Angelica Balabanoff, raccontata da Paola Cioni: bella la storia dell'aristocratica ucraina che si ribella al destino di moglie preconfezionato dalla mamma per andar via, studiare e conquistare la libertà. Salvo poi arrivare in Italia e innamorarsi del socialista Benito Mussolini, che si rivelerà quel che effettivamente è, un opportunista avido di potere. Altrettanto appassionante e densa è la vita di Eva Kuhn tratteggiata da Mirella Serri, che ripercorre l'amore della russa con Giovanni Amendola e parallelamente la sua attività intellettuale complessa e sfaccettata: l'impegno politico con l'adesione convinta al Futurismo e dunque alla «guerra come igiene del mondo», quello sociale con l'assistenza ai soldati sordomuti e ai ciechi nel centro di villa Aldobrandini, a Frascati, ma anche un'apertura che non le impediva di accogliere nel 1919 l'invito a cena di un operaio alla periferia rossa di Milano. Un posto dove «c'erano i libri di Stirner, Proudhon, Sorel, Dostoevskij e Gor'kij» e dove discute con altri operai che poi avrebbe invitato a casa sua.
Non si riesce qui ad accennare, come si vorrebbe, alle altre protagoniste prese in esame dalle autrici del libro (Cristiana di San Marzano, Lia Levi, Simona Tagliaventi e Marta Boneschi). Certo vale la pena, nel profluvio di pubblicazioni sulla Prima Guerra mondiale, trovare uno spazio sul proprio comodino per queste storie spesso ingiustamente dimenticate.
eliana.dicaro@ilsole24ore.com
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Autrici varie, Donne nella Grande Guerra, Introduzione di Dacia Maraini, il Mulino, Bologna, pagg. 244, € 22,00

Commenta la notizia

Shopping24

Dai nostri archivi