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Questo articolo è stato pubblicato il 18 maggio 2014 alle ore 08:14.

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Che cos'è l'Europa, è possibile trovare qualche definizione che la circoscriva nei suoi termini geografici e storici ma anche in quelli dell'attualità economica e politica? Bel dubbio da affrontare, magari proprio in questi giorni, alla vigilia delle elezioni per il nuovo Parlamento comunitario. Su questo tema già da un anno e mezzo si è esercitato Claudio Longhi componendo un complesso progetto che si è svolto tra Modena e Roma coinvolgendo centinaia di soggetti e istituzioni, dalle scuole ai gruppi sportivi, dalle accademie di danza ai centri anziani, e arrivando a comporre poi un articolato esito scenico che fino a domenica scorsa ha preso vita sul palcoscenico capitolino del Teatro Argentina.
Ed è una formula teatrale piuttosto inedita quella adottata da Longhi, imboccando la chiave di un vivacissimo gioco teatrale, anche in senso stretto, visto che le varie sezioni erano tenute insieme da una parodia dei gloriosi Giochi senza frontiere che in tv, a partire dal '65, hanno contrapposto in bizzarre competizioni squadre di diversi Paesi del vecchio Continente. Del resto la chiave ironica è stata sempre rivendicata sin dall'inizio dell'operazione che accanto alla dicitura Il ratto d'Europa poneva, anziché la principessa rapita da Giove, un topino circondato di stelle, così come in scena si vedevano intervenire spesso enormi pantegane di peluche.
In questa cornice veniva poi costruendosi una strana combinazione di elementi, puntando a qualcosa che avesse a che fare un po' con un'inchiesta e un po' con un resoconto illustrativo. Scorrono così cifre, statistiche, direttive, frammenti di storia, ma è impossibile raccontare l'Europa senza svelare dubbi e incertezze su qualunque aspetto la riguardi, a partire dai confini e dalle lingue. L'indicazione delle strade terrene o fluviali che hanno unito varie parti del territorio viene messa a contrasto con i muri e le trincee che lo hanno diviso, i viaggi del gran tour ottocentesco giustapposti ai più dolorosi spostamenti in cerca di lavoro, insomma ogni tema non può non evocare un aspetto uguale e contrario, ogni motivo di legame sembra poi essersi rovesciato, nella realtà, in occasione di ostilità e di contrasto.
E, certo, uno dei momenti di maggior tensione dello spettacolo è l'elenco delle cinquanta guerre che hanno segnato l'Europa dalla storia più remota a oggi. Non è mancato neppure un frammento di talk show, con ospiti ogni sera diversi, tra quali il giurista Giovanni Maria Flick, a ricordarci i principi di uguaglianza e di tolleranza alla base dell'Unione, forse oggi messi in ombra dall'arroganza di certe prevaricazioni politiche o dall'ingombro di un'oscura e minacciosa algebra economico-finanziaria. Certo l'idea di impostare tutto questo in una serrata dinamica scenica sembrava a volte cedere il passo a momenti troppo didattici e a qualche ingenuità, come la partita di rugby tra la squadra della Crisi e quella dell'Europa, ma vero è che le tre ore di azione scorrevano con grande godimento del pubblico, per merito dell'abilissima tessitura disegnata da Longhi e del formidabile e vitalissimo gruppo di attori capeggiati dall'energico e acrobatico Lino Guanciale.
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