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Questo articolo è stato pubblicato il 18 maggio 2014 alle ore 08:13.

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Compie 65 anni la Glass House, la casa di vetro che l'architetto americano Philip Johnson disegnò e costruì per se stesso a New Canaan, nel Connecticut, nel 1949. Situata in un punto panoramico su un terreno di alcuni ettari, la casa - considerata il capolavoro del più controverso architetto americano del XX secolo - è in realtà una sorta di trasparente padiglione aperto sul paesaggio che Johnson usava nei week end come un buen retiro d'arte e di natura. Una scatola di vetro, ispirata alla poesia del suo primo maestro, l'architetto tedesco Mies van der Rohe, che negli stessi anni stava disegnando un'altra celebre icona dell'architettura trasparente, la casa Fansworth, cui Johnson deliberatamente pagava il suo debito ma anche precisava la sua differenza.
L'importanza della casa era però dovuta anche all'influenza del suo proprietario, esponente di quell'aristocrazia wasp che si riconosceva nella politica culturale del MoMA con la sua apertura alle avanguardie del vecchio continente. Carismatico opinion leader, Johnson trasformò la casa nel simbolo di una possibile architettura americana per le classi alte, sufficientemente snob per adattarsi alle difficoltà di una vita completamente esposta e per trasformare il minimalismo in uno stile di comportamento upper class. Dal 2005, anno della morte dell'architetto, la Glass House è diventata National Trust Historic Site, corona di un campus che offre l'esperienza di molti piccoli edifici (per gli ospiti, per le collezioni d'arte e di sculture, per la biblioteca eccetera) che Johnson considerava il diario vivente del suoi cinquant'anni di vita a New Canaan.
La casa è dunque ora una Fondazione e come la sua gemella di Barcellona - il mitico Padiglione tedesco costruito nel 1929 dal suo maestro Mies - deve inventarsi una seconda vita per mantenersi e magari accrescere il suo potenziale d'attrazione. Per questo, a partire da maggio ospiterà un'installazione dell'artista giapponese, Fujiko Nakaya, "Veil", che consiste nell' avvolgere la casa di nebbia artificiale per dieci minuti ogni ora.
Nakaya - il cui padre è considerate in Giappone l'inventore della neve artificiale - ha già sperimentato con successo questo tipo di installazione nell'Australian National Gallery e al Guggenheim di Bilbao: per lei non si tratta di modellare la nebbia come una scultura, ma di favorire l'interazione tra elementi naturali (il vento ad esempio, l'altitudine eccetera) ed elementi artificiali in un processo aperto e non sempre prevedibile. 600 ugelli spruzzano la nebbia ad alta pressione e la combinazione degli agenti atmosferici alle varie ore dei diversi giorni produce paesaggi sempre diversi.
Ma l'operazione più sottile sta nell'applicare questa pratica dell'accecamento a un edificio che ha fatto della trasparenza la sua estetica e il suo messaggio. Una benda sugli occhi o meglio un velo che mette in discussione il vetro come simbolo dell'innocenza.
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