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Due Giri d'Italia per l'Angelo della montagna, Charly Gaul

Quattordicesima tappa, Agliè-Oropa. Tappa di montagna vera, lunga 162 chilometri con le salite all'Alpe Noveis e a Belmonte che lasceranno tossine nelle gambe dei corridori già prima dello strappo finale per l'arrivo a Oropa: undici chilometri senza sosta, con una pendenza massima del 13 per cento. Gli scalatori veri non potranno stare a guardare, il Giro si decide anche qui, dove nessuno ti può aiutare perchè le pendenze diventano proibitive. Pendenze sulle quali sono state scritte pagine da leggenda. Il campione di oggi è Charly Gaul.

L'Angelo della montagna, come è stato soprannominato, a inizio carriera non sembrava un predestinato: qualche vittoria qua e là, a inizio anni 50, con il picco raggiunto al Mondiale del 1954. Un terzo posto dietro Louis Bobet e Fritz Schär che non poteva certo preludere a vittorie clamorose. Si, c'era stata la vittoria nella classifica degli scalatori al Tour de France dell'anno successivo, ma quando Learco Guerra lo aveva pescato in Lussemburgo e lo aveva portato in Italia in molti avevano storto il naso. Un corridore da salite, buono per la classifica di specialità, ma nulla di più. Però la «locomotiva umana», di cui abbiamo parlato ieri, aveva visto giusto.

Al Giro del 1956, quando arriva la tappa del Bondone, Gaul è staccato di oltre un quarto d'ora dalla Maglia Rosa. Fuori classifica, intorno al ventesimo posto. Ma quel giorno si scatena la bufera, la neve scende come a gennaio e i corridori si ritirano uno dopo l'altro. Il vento e il gelo non danno tregua quando Charly attacca sul primo dei quattro gran Premi della Montagna. Il Bondone sembra l'Everest. Ma Gaul non molla, insiste, pedalata dopo pedalata. Stacca tutti e trionfa, prende la Maglia Rosa. Per farlo riprendere, dopo il traguardo, lo devono immergere in una vasca piena di acqua calda. Dietro di lui resistono in pochi, e tra quei pochi Fiorenzo Magni con una clavicola fratturata e un pezzo di copertone tra i denti per non sentire il dolore e tirare il manubrio con la bocca visto che un braccio era inservibile. Una tappa entrata nella storia del ciclismo, con Gaul che porta la Maglia Rosa fino al traguardo finale. A soli 23 anni.

Un caso, diranno in molti, perché un altro Bondone non capita tutti gli anni. Non c'è sempre la bufera a far ritirare i campioni e a spalancarti le porte della classifica. Eppure, nel 1957, Charly Gaul è ancora lì, davanti a tutti. Di nuovo in Maglia Rosa, di nuovo sul Bondone, il "suo" Bondone. Sulle prime rampe, sicuro del vantaggio in classifica, si ferma per fare pipì: i grandi si scatenano, non possono perdere un'occasione del genere per dimostare che la vittoria dell'anno prima è stata solo un caso. Bobet attacca e Gaul perde il Giro, proprio su quel Bondone dove era entrato nella leggenda. La vittoria finale andrà a Gastone Nencini, davanti a Bobet e Baldini. Gaul è solo quarto.

Al Tour del 1958 consuma la prima vendetta: vince la cronometro di Chateaulin, 47 chilometri volati per battere il più forte di tutti in quella specialità, Jaques Anquetil. Il campione francese ammetterà: «Non credevo che Gaul potesse battermi». Gaul invece rivince nella cronoscalata del Mont Ventoux, si riporta nelle parti alte della classifica, ma tutti sanno che nelle giornate di caldo opprimente il lussemburghese paga dazio. Così lo attaccano a Gap, il 14 luglio: l'Angelo della montagna paga undici minuti, il Tour sembra finito. Geminiani è in Maglia Gialla, Gaul è staccato di quindici minuti. Nella tappa Briancon-Aix-les-Bain fa freddo, quasi come sul Bondone: si devono scalare il Lautaret, il Luitel, il Porte, il Cucheron e il Graniere. Gaul stacca tutti, il secondo arriva dopo oltre dodici minuti. La Maglia Gialla passa a Favero e prima di Parigi rimane una cronometro di 74 chilometri: roba da specialisti, non da angeli della montagna. E poi, il miracolo a cronometro Gaul l'ha già fatto battendo Anquetil. Classifica della cronometro Besancon-Digione: primo Charly Gaul, secondo Gastone Nencini , l'unico che a cronometro sapeva infastidire Anquetil. Con quella cronometro Gaul vince il Tour de France.

Ma la testa è ancora al Giro, a quello sgarbo subìto sul Bondone: non si attacca la Maglia Rosa mentre è ferma a bordo strada per fare pipì. Nel 1959 le cose sembrano mettersi al meglio, soprattutto dopo la cronoscalata del Vesuvio: il tempo di Gaul su quella salita verrà battuto solo negli anni 90. Resta in Maglia Rosa per ben dodici giorni, prima di arrivare a Bolzano. Dove vince Anquetil e gli strappa il primato in classifica. Che poi rafforza nella cronometro in Valle Susa, dove in 51 chilometri rifila a Gaul un paio di minuti. Tanto per far capire che quello del Tour del 1958 era stato solo un caso, irripetibile.

Alla vigilia della penultima tappa, che da Aosta porta a Courmayeur, l'Angelo della montagna è staccato in classifica di quasi quattro minuti. E il tempo è bello, non c'è neve, non c'è gelo, non c'è vento: gli alleati naturali di Gaul questa volta sono assenti all'appello. Ma lui attacca, parte a cinquanta chilometri dall'arrivo, doma il Piccolo San Bernardo e arriva da solo a Courmayeur. I distacchi si misurano con la sveglia: a Milano, il giorno dopo, quando sale sul gradino più alto del podio Anquetil è secondo a sei minuti e 12 secondi. Lo sgarbo del Bondone è vendicato.

In carriera ha vinto undici tappe al Giro, dove ha indossato per venti volte la Maglia Rosa, e dieci al Tour; è stato per sei volte campione nazionale del Lussemburgo. Le sue vittorie sono entrate nella storia di questo sport. Dopo il ritiro ha avuto problemi con l'alcol, ma è riuscito a battere con un guizzo di classe anche questo avversario. La sua ultima apparizione in pubblico è stata nel 2004, ai funerali di Marco Pantani: tra Angeli della montagna c'è un legame speciale. Muore l'anno dopo, in seguito a un caduta in casa, per un'embolia polmonare. Sulla salita di Oropa, nella tappa di oggi, avrebbe staccato tutti.

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