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Questo articolo è stato pubblicato il 19 maggio 2014 alle ore 14:32.
L'ultima modifica è del 19 maggio 2014 alle ore 17:49.

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Odessa - Sedute su una panchina accanto al gazebo che distribuisce volantini per il candidato favorito alle presidenziali ucraine di domenica, davanti alla Cattedrale di Odessa, due ragazze scuotono la testa: «Le elezioni non risolveranno nulla - spiega una di loro -. Chi decide è Vladimir Putin. È un dittatore, ma al nostro Paese serve gente così per far funzionare le cose. Io credo che la soluzione per noi sia l'unione alla Russia». A Kulikovo Pole, davanti al Palazzo dei sindacati incendiato nella tragedia del 2 maggio scorso, centinaia di persone invocano un referendum, come a Donetsk e a Lugansk: «Odessa è una città russa!», gridano. Ma Vadim, ingegnere in pensione, scuote la testa: «I russi non entreranno in Ucraina, sarebbe uno scandalo troppo grosso. E poi ne hanno abbastanza, dopo essersi presi sulle spalle la Crimea».

Quali che siano i piani inscrutabili di Putin, al momento sembrerebbe avere ragione Vadim. In partenza per la Cina il presidente russo, comunica oggi il Cremlino, ha dato ordine al ministero della Difesa di far rientrare le truppe impegnate nelle esercitazioni ai poligoni di Rostov, Belgorod e Briansk, presso il confine ucraino. L'addestramento proseguirà in luoghi più prossimi alle basi permanenti dei reparti in questione.

È un annuncio che in realtà il presidente Putin aveva già dato, il 7 maggio scorso, in occasione di un incontro con il presidente di turno dell'Osce, l'Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa, lo svizzero Didier Burkhalter. Allora la Nato rispose di non poter registrare alcun movimento di truppe, commento ripetuto oggi subito dopo la comunicazione del servizio stampa del Cremlino. In realtà, a sei giorni dalle elezioni presidenziali ucraine, l'elemento che ha allentato la tensione è stato soprattutto l'apparente distacco con cui Mosca ha accolto i risultati dei referendum del 16 maggio scorso nell'Ucraina orientale, conclusi con una richiesta di annessione alla Russia rimasta senza risposta. Mentre oggi il presidente russo, che parlava a conclusione di un vertice del suo Consiglio di sicurezza, ha detto di apprezzare i primi contatti avvenuti tra le autorità di Kiev e quelli che il Cremlino descrive come «sostenitori della federalizzazione», e Kiev come "separatisti". Al dialogo avviato con la Tavola rotonda, ha detto Putin, «devono partecipare tutte le parti interessate».

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