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Questo articolo è stato pubblicato il 20 maggio 2014 alle ore 18:28.
L'ultima modifica è del 20 maggio 2014 alle ore 20:01.

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(Afp)(Afp)

La Germania, dopo gli Stati Uniti, è diventata la seconda destinazione al mondo per gli immigrati permanenti, superando il Regno Unito e il Canada. Secondo uno studio Ocse la crisi del debito sovrano dell'Europa del sud ha alimentato il flusso straordinario di nuovi immigrati verso la "locomotiva d'Europa".

Mentre gli Stati Uniti attirano ancora il maggior numero di emigranti, la Germania è balzata dall'ottavo posto del 2009 al secondo nel 2012 con un incremento del 38% all'anno, riporta lo studio Ocse intitolato "Dibattito sulla Politica migratoria", pubblicato oggi a Parigi. Altri Paesi europei in cui si sono concentrati gli arrivi, determinando un aumento, sono stati Svezia, Francia e Finlandia.

Al contrario, i flussi crollano (semppre nel 2012) sia in Spagna (-22% dopo un rimbalzo nell'anno precedente) che in Italia (-19%). Nel nostro paese i flussi in arrivo si sono ridotti a meno della metà rispetto ai dati del 2007. Nel Regno Unito la riduzione si è fermata a un pur significativo -11% e 300mila arrivi. Nell'intera Unione europea il calo percentuale è stato di 12 punti.

La Germania, in controtendenza, ha accolto 400mila nuovi immigrati permanenti, cioè non clandestini, nel solo 2012. Più di tre quarti di questi nuovi immigrati verso la Germania è il risultato della libera circolazione in Europa, cioè sono cittadini dell'Europa meridionale che hanno deciso di sfuggire alle politiche di austerity nei loro paesi per cercare condizioni di vita migliori in terra tedesca.

«Un aumento di questa entità da un anno all'altro è stato osservato molto raramente in altri paesi Ocse - ha affermato Thomas Liebig, uno degli autori dello studio -. Possiamo chiaramente parlare di un boom di migrazione verso la Germania senza tema di essere smentiti».

La Germania, che ha la popolazione mediamente più vecchia d'Europa e il secondo più basso tasso di natalità, ha modificato le sue politiche di migrazione dal 2000 al fine di attrarre lavoratori più qualificati e "cervelli" dalle altre parti del mondo. Operazione che, evidentemente, ha avuto pieno successo. In Germania il tasso di disoccupazione è risultato pari al 6,7% ad aprile, contro il 25% di Spagna e Grecia.

Venticinque anni dopo la famosa frase dell'ex cancelliere tedesco, Helmut Kohl, che aveva perentoriamente affermato che la Germania «non è e non potrà più essere in futuro un paese di immigrazione», uno su tre nuovi immigrati in Europa ora si sposta proprio verso Berlino in cerca di lavoro, secondo l'Ocse. Un bell'incremento rispetto ai dati del 2007 quando era solo uno su dieci diretto in Germania a cercar fortuna e condizioni migliori di vita. La Spagna, invece, ha registrato il maggior calo di immigrati permanenti dal 2007.

La quota maggiore di immigrati che si trasferisce in Germania e classificata come "altamente qualificata" è passata al 34% nel 2012 rispetto al 30% nel 2007, secondo lo studio Ocse. Il tasso di occupazione tra gli immigrati è aumentato nel periodo, passando al 69% dal 66 per cento. L'Ocse definisce "immigrati permanenti" coloro che si stabiliscono in un paese straniero dove hanno hanno acquisito il diritto di soggiorno permanente.

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