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Questo articolo è stato pubblicato il 20 maggio 2014 alle ore 06:38.

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NEW YORK
Gli Stati Uniti hanno dichiarato guerra allo spionaggio industriale della Cina. Cinque ufficiali delle forze armate di Pechino sono stati accusati dal governo americano - con tanto di nomi, cognomi e manifesti sui quali campeggia la scritta "Wanted", Ricercato - di spionaggio informatico ai danni di aziende e settori industriali strategici, dal furto di progetti per impianti nucleari a dati su pannelli solari fino allo "hacking" di un sindacato critico delle politiche commerciali cinesi. Un'azione senza precedenti del Dipartimento della Giustizia a carico di dipendenti di uno stato straniero per pirateria cibernetica che, se non potrà avere ripercussioni legali con l'estradizione degli incriminati, rappresenta una brusca escalation del confronto-scontro tra la superpotenza americana e la nuova potenza di Pechino.
Il ministro della Giustizia Eric Holder ha messo in chiaro l'importanza attribuita dall'amministrazione di Barack Obama al caso: «Lo spettro dei segreti commerciali compromessi e di delicate informazioni di business rubate è significativo e richiede una risposta aggressiva. Il successo sui mercato globale deve dipendere dall'abilità delle aziende di innovare e competere, non da quella dei governi sponsor di spiare». Il responsabile dell'inchiesta per l'Fbi, Robert Anderson, ha incalzato affermando che questa sarà d'ora in avanti «la nuova normalità», una scelta che spianerà la strada a ulteriori accuse. La replica cinese è stata immediata e ha minacciato a sua volta scosse nel dialogo bilaterale. Il portavoce del Ministero degli Esteri, Qin Gang, ha definito l'incriminazione «assurda e infondata», basata su «falsificazioni dei fatti». E ha annunciato, per ora, la sospensione dei lavori del China-US Cyber Working Group con ulteriori reazioni da definire in futuro.
I cinque funzionari cinesi presi di mira dal Ministro della Giustizia di Washington, dopo indagini durate almeno un anno, sono Wang Dong, Sun Kailiang, Weng Xiniu, Wang Zhenyu e Gu Chunhuk. Tutti accusati di cospirazione per commettere truffa cibernetica tra il 2010 e il 2012, violando le difese di migliaia di computer con l'intento di sottrarre segreti aziendali a vantaggio di società di Pechino. E tutti identificati come appartenenti all'Esercito per la liberazione del popolo. Anzi per la precisione a una divisione speciale, la Unit 61398 con sede a Shanghai.
Le imprese e le organizzazioni americane colpite sono di alto profilo: la U.S. Steel ha sostenuto un assalto a 1.753 terminali; Westinghouse Electric ha visto compromesse le schematiche di sistemi di condutture per centrali nucleari; Alcoa ha perso il contenuto di almeno 2.907 messaggi di posta elettronica e di 863 documenti allegati. Ancora: la Allegheny Technologies, produttore di metalli speciali, ha sofferto il furto delle credenziali di migliaia di dipendenti che consentivano l'accesso ai suoi network. Anche un influente sindacato manifatturiero in prima fila nelle crociate contro la politica commerciale cinese - la United Steel, Paper and Forestry, Rubber, Manufacturing, Energy Allied Industrial and Service Workers International Union (USW) - è stata abbordata dai pirati dell'esercito cinese, entrati nelle e-mail di dirigenti e iscritti. Le autorità statunitensi, per intensificare le pressioni politiche più che giudiziarie su Pechino, in un insolito gesto ieri hanno anche reso pubbliche le fotografiche dei sospetti, uno dei quali appare in uniforme. E hanno lasciato filtrare i retroscena di un caso preparato con cura, per cercare la massima efficacia e minimizzare i passi falsi: i procuratori federali hanno analizzato le vicende di potenziale spionaggio industriale cinese per concentrarsi solo su quelli ritenuti piu' convincenti.

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