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Questo articolo è stato pubblicato il 22 maggio 2014 alle ore 16:16.
L'ultima modifica è del 22 maggio 2014 alle ore 16:17.

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Rischio decimazione per le televisioni locali. È contenuto in un documento inviato dall'Agcom alle associazioni delle emittenti, che saranno ascoltate dall'Authority a partire dalla prossima settimana. Si tratta dell'ennesima modifica del Piano di assegnazione delle frequenze, stavolta in applicazione di una legge del dicembre 2013 del governo Monti. Secondo la norma, l'Agcom deve avviare le procedure «per escludere» dalla pianificazione le frequenze «riconosciute a livello internazionale e utilizzate dai paesi confinanti». Purché tali frequenze siano oggetto di «situazioni interferenziali». La loro liberazione deve avvenire prima del 31 dicembre 2014, altrimenti gli impianti saranno disattivati dalla polizia postale. La gran parte dei canali con interferenze accertate riguardano quelle con Croazia e Slovenia, quindi le emittenti delle regioni adriatiche. La legge prevede un indennizzo complessivo per le emittenti che liberano tali frequenze di 20 milioni di euro.

Dodici canali spenti in Puglia
Secondo uno schema riassuntivo pubblicato da Radio Tv News, newsletter di Confindustria Radio Tv, solo in Puglia dovrebbero essere lasciati liberi ben 12 canali, tutti utilizzati da televisioni locali e dieci a testa nelle Marche, in Molise e in Abruzzo. In tutto si tratta di 74 frequenze regionali utilizzata da più di un'ottantina di operatori. Attenzione: dallo schema dell'Agcom mancano le frequenze che già sono state liberate dalle emittenti nel recente passato, più quelle dalla banda 800 Mhz, poi assegnate con gara agli operatori telefonici per la banda larga mobile (Lte). In Puglia sono state sottratte prima nove frequenze per la banda larga e altre 12 per l'attuale revisione del Piano: ne rimangono cinque, di cui una utilizzabile con potenza ridotta per non disturbare la Rai.

L'incognita della banda 700
Manca ancora, inoltre, una decisione definitiva sulle destinazione della banda 700 Mhz, che alcuni paesi confinanti, come Francia e Tunisia, hanno già interamente destinato alla banda larga mobile, con sicure interferenze per le televisioni italiane delle regioni confinanti in quella banda di frequenze. Tale situazione ha molti padri, a cominciare dalla legge Gasparri e, soprattutto, al modo con cui si sono assegnate - per vent'anni! - le frequenze durante la transizione al digitale terrestre, tra le fanfare delle Conferenze nazionali sul Digitale Terrestre, con troppi silenzi da parte delle stesse associazioni. Quelle che oggi gridano alla "catastrofe" del digitale terrestre.

Le promesse di Romani
Catastrofe sì, ma annunciata. Alle tv locali sono state assegnate frequenze non coordinate con i paesi confinanti, quindi non protette dalle interferenze, quando non assegnate a livello internazionale agli stessi paesi. L'Aeranti-Corallo, altra associazioni di tv e radio locali, pubblica una lettera ricevuta dall'allora ministro dello Sviluppo Paolo Romani, secondo la quale «il ministero si impegna altresì a garantire la massima protezione del segnale delle emittenti locali in caso di attivazioni (...) negli stati esteri confinanti» e «senza restrizioni e/o limitazioni rispetto alle caratteristiche tecniche» degli impianti stessi. Assicurazioni che non avevano fondamento e che certo non possono impegnare oggi il ministero.

Più soldi pubblici? O rispettare la legge?
Le associazioni chiedono di aumentare i 20 milioni di indennizzo (sono soldi pubblici...), perché l'indennizzo sarebbe pari a circa 250mila euro a operatore, ma l'argomento più forte , ma poco utilizzato, è piuttosto il fatto che la legge riserva un terzo delle frequenze disponibili all'emittenza locale. O la si cambia o la si rispetta. A partire dalla revisione dei Piani frequenze da parte dell'Agcom e da parte del Ministero. La transizione è stata fatta tutta e solo a vantaggio delle televisioni nazionali, che hanno avuto le frequenze coordinate, al riparo da interferenze. I nodi sono arrivati al pettine e non poteva essere altrimenti.

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