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Questo articolo è stato pubblicato il 22 maggio 2014 alle ore 14:03.

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Rifiuti ma non solo: economia criminale a tutto tondo. Politica locale ma non solo: una ragnatela di rapporti oltre la Campania. Tutto questo e altro ancora è Antonio Iovine, detto ‘o ninno (per il suo viso da bambino o forse perché giovanissimo ha fatto carriera nelle gerarchie criminali), boss apicale (come amano definirlo gli inquirenti) del clan dei Casalesi, nato a San Cipriano d'Aversa (Caserta) da Oreste e da Filomena Buonanno, il 20 settembre 1964.

I rifiuti (monnezza per tutti ma oro per i Casalesi) sono stati il primo grande amore insieme all'edilizia, con decine e decine di società indirettamente a lui riconducibili. Come quelle che, nella gestione ambientale, aveva con Giuseppe Diana, detto cuoll e papera.
Il pentito Luigi Diana (prima della collaborazione con la Giustizia, esponente di spicco dei Casalesi), in un interrogatorio del 15 marzo 2007 dirà: « [...] ricordo ancora che nell'anno 1999, 2000 il clan dei Casalesi voleva estromettere della gestione dei rifiuti nella provincia di Caserta i fratelli Orsi che pagavano una tangente direttamente a Bidognetti Francesco ed in particolare i consorzi all'uopo costituiti per inserire nell'affare …omissis…affinché gestisse personalmente e per conto dei casalesi tale attività economica. Questo venne riferito quando ero in carcere insieme a Giuseppe Caterino il quale era stato arrestato da poco e mi riferì la volontà dei vertici del clan dei casalesi ed in particolare di Michele Zagaria, Vincenzo Zagaria, Caterino Giuseppe e Antonio Iovine di appropriarsi direttamente di questo business. [...]».

Per dare bene l'idea di come si sia evoluta la potenza economica di Antonio Iovine, basti leggere una qualunque richiesta di ordinanza cautelare che negli anni l'ha visto coinvolto, nella quale emerge anche la sua immensa forza sulla politica non solo casertana, napoletana o campana. La provincia di Modena, ad esempio, è un enclave dei Casalesi e dei fedeli a Iovine in particolare. Ebbene la forza del ninno e dei Casalesi viene descritta dagli inquirenti come rivolta: 1) al controllo delle attività economiche, anche attraverso la gestione monopolistica di interi settori imprenditoriali e commerciali; 2) al rilascio di concessioni e di autorizzazioni amministrative; 3) all'acquisizione di appalti e servizi pubblici; 4) all'illecito condizionamento dei diritti politici dei cittadini (ostacolando il libero esercizio del voto, procurando voti a candidati indicati dall'organizzazione in occasione di consultazioni elettorali) e, per tale tramite, il condizionamento della composizione e delle attività degli organismi politici rappresentativi locali; 5) al condizionamento delle attività delle amministrazioni pubbliche, locali e centrali; 6) al reinvestimento speculativo in attività imprenditoriali, immobiliari, finanziarie e commerciali degli ingenti capitali derivanti dalle attività delittuose, sistematicamente esercitate (estorsioni in danno di imprese affidatarie di pubblici e privati appalti e di esercenti attività commerciali, controllo del gioco d'azzardo previa gestione di bische clandestine); 7) ad assicurare impunità agli affiliati attraverso il controllo, realizzato anche con la corruzione, di organismi istituzionali; 8) all'affermazione del controllo egemonico sul territorio, realizzata anche attraverso la contrapposizione armata con organizzazioni criminose rivali nel tempo e la repressione violenta dei contrasti interni; 9) al conseguimento, infine, per sè e per gli altri affiliati di profitti e vantaggi ingiusti.

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