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Giro d'Italia, Battaglin fa l'impresa sulle strade di Pantani

" Mi meraviglio di me. Sono partito al chilometro zero e dopo tre montagne, e una fatica boia, sono riuscito a vincere la volata finale. Credevo di avere le gambe stanche... Invece ce l'ho fatta...". Enrico Battaglin, 25 anni, vicentino di Marostica, tiene in alto il Made in Italy anche sul Santuario di Oropa. " Si vede che dal cielo mi hanno dato una mano", dice Battaglin che nel finale, dopo aver riacchiappato Dario Cataldo e Jarlison Pantano, passa in scioltezza negli ultimi venti metri
Grande Battaglin.

Se si meraviglia lui, figuratevi gli altri due. Che ormai credevano d'aver liquidato la concorrenza. Ma non avevano fatto i conti con questo ragazzo, tenace come il suo nome, che corre, guarda la coincidenza, per la Bardiani, la stessa formazione di Marco Canola, vincitore venerdi a Rivaloro dopo una fuga lunga ed emozionante. Insomma, nel giorno del ricordo di Marco Pantani, ma anche nel giorno in cui le aquile della classifica non volano (con qualche cedimento della maglia rosa Uran) si celebra il trionfo del Piccolo Grande Veneto. Anzi, di una piccola grande squadra, la "Bardiani", guidata da Bruno e Roberto Reverberi, una famiglia che crede nei giovani e fa di tutto per farli crescere.

Un bel vivaio, una piccola azienda artigianale, che brilla nel poco splendente panorama del ciclismo italiano dove ormai dominano le potenti multinazionali estere: americani, inglesi, tedeschi, australiani. Una volta l'Italia era l'Università di questo sport. Qui c'era tutto: società, artigiani, campioni, manager, tecnici. Tante competenze, ma anche i capitali, e la voglia di investire. Adesso sono rimaste solo due squadre (Lampre e Cannondale) per giunta a partecipazione straniera. Insomma, niente di nuovo: l'italia del ciclismo è il perfetto specchio di un paese che fatica a pedalare. E che dopo aver guidato il gruppo per tanti anni si trova, adesso, a indossare maglia nera. Ci salvano gente come i Reverberi, che oltre alla passione, hanno anche il talento. Peccato che poi questo prezioso lavoro finisca per dare lustro agli altri. Nel senso che all'estero, poi, ci prendono i talenti migliori. Nulla di male, anzi. Però viene una certa malinconia. Ma questa è una vecchia storia: a valorizzarci sono più bravi gli altri.

Bando alle tristezze: e godiamoci la spumeggiante felicità di questo ragazzo che ha una gran voglia di sfondare. Deve solo capire cosa farà da grande. Nel senso che Battaglin è bravo a far tutto. Sa tenere in una lunga salita, ma sa anche emergere in volata. Poi è dotato pure come passista. " Mi piacerebbe vincere una grande classica", dice dopo la corsa facendo intendere che il meglio deve ancora venire. E i big? Mah, fino quasi alla fine, hanno cercato di tenersi fuori dalle rogne. E di lasciar lavorare i comprimari. A circa 3 chilometri dal traguardo, sul tratto più duro dell'ultima salita, Domenico Pozzovivo ha però acceso la miccia scattando come sa fare lui quando la strada s'impenna.
Un bel guizzo, quello del Lucano, che ha sorpreso il colombiano Uran. Mentre gli altri big, compreso Cadel Evans, riuscivano a stare nella scia di Pozzovivo, la maglia rosa preferiva abbozzare perdendo nel finale circa 25 secondi. Una limatina che ha permesso a quasi a tutti i rivali di rosicchiargli qualche secondo.

Domanda inevitabile: è un segnale d'allarme, o solo un piccolo cedimento dopo le fatiche della cronometro di Barolo? Noi siamo più per la prima. Cioè che Uran sia attaccabile nelle salite più aspre. E che questa volta abbia cercato di contenere i danni visto che di salite, a partire dalla prossima di Montecampione, ce ne sono in quantità industrail
Si vedrà. Il Giro è ancora aperto. Quando si è mosso Pozzovivo per la prima volta in questo Giro si è visto in azione anche Quintana. Il colombiano non ha mai dato un cambio, ma va capito perché viene da fastidiosa influenza che certo non aiuta a spingere in salita.

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