Storia dell'articolo
Chiudi
Questo articolo è stato pubblicato il 24 maggio 2014 alle ore 14:13.

Mal comune mezzo gaudio, si potrebbe dire. Anche se in realtà per gli operatori del golf, in buona parte del mondo, c'è poco di cui rallegrarsi. In Italia il numero degli iscritti alla Federgolf ha subito una flessione negli ultimi due anni: nel 2013 siamo scesi a quota 93.087 praticanti, contro i 98.824 del 2012 e i 101.817 del 2011, l'anno del massimo picco. Il fenomeno, però, non è certo solo italiano. Anche negli Stati Uniti sono preoccupati: hanno perso 5 milioni di giocatori negli ultimi 10 anni, passando da 30 a 25 milioni.
In una nota pubblicata ieri da Bloomberg, i dati del golf americano vengono passati al setaccio: secondo la National Golf Foundation, nel 2013 sono 400 mila gli statunitensi che hanno lasciato lo sport. Un numero positivo c'è, ovvero le 260 mila donne che hanno abbracciato la disciplina, ma per contro sono 650 mila gli uomini che hanno appeso la sacca da golf al chiodo. Fra le cause, il declino agonistico di Tiger Woods, il carismatico campionissimo afroamericano colpito da scandali personali e problemi fisici che hanno minato il suo talento, tanto che da una settimana non è più il numero uno al mondo; ma anche il clima, con un inverno particolarmente severo soprattutto sulla East Coast che ha rallentato l'inizio della stagione; e soprattutto i costi, e il fatto che il tempo libero sia un lusso sempre più prezioso – e giocare a golf richiede parecchio tempo.
A risentirne, ovviamente è anche il mercato dell'attrezzatura: il rallentamento nelle vendite negli ultimi 15 mesi ha costretto i negozi ad avviare una massiccia campagna di sconti. Presso i punti vendita della Dick's Sporting Goods Inc. (DKS), ad esempio, dei driver che 20 mesi fa si vendevano a $299 si trovano ora a $99, ma malgrado le promozioni, nel primo quadrimestre dell'anno al target di bilancio mancano $ 34 milioni: "E riteniamo di non aver ancora toccato il fondo", ha dichiarato Ed Stack, ceo della Dick's. La situazione non è rosea neppure per la Callaway Golf Co. (ELY), uno dei marchi più noti di bastoni e attrezzatura, le cui azioni sono scese del 9% e valgono al 20 maggio $7,60. Anche TaylorMade, altro marchio top del mercato golfistico, di proprietà di Adidas-AG, sta soffrendo: nel primo quadrimestre, le vendite hanno subito una flessione del 34%. Tuttavia non tutta l'industria è in negativo: secondo la Sports & Fitness Industry Association, le vendite complessive delle aziende sono salite dell'1,2% nel 2013, con una diminuzione nei numeri delle palline da golf (meno 4,9%) e un aumento nei bastoni (più 4,2%).
Quanto ai percorsi, negli Stati Uniti ne sono stati inaugurati solo 14 nel 2013, ma ben 160 hanno chiuso i battenti: per l'ottavo anno consecutivo, dichiara la NGF, il numero dei percorsi chiusi ha superato quello dei nuovi campi.
Fra quelli che non rimangono fermi a guardare, c'è Mark King, amministratore delegato di TaylorMade, che lo scorso gennaio durante il PGA Merchandise Show a Orlando, in Florida, ha presentato il progetto Hack Golf (potremmo tradurlo con "Golf creativo, innovativo"), la sua ricetta per far crescere i numeri del golf.
Si tratta di un sito, il cui slogan è: "Come possiamo rendere il golf più divertente, per tutti?". Il problema, secondo King e Joe Beditz, amministratore delegato della National Golf Foundation, risiede infatti nella percezione del golf, e nel vissuto di milioni di giocatori. Che pensano che il golf "non è divertente".
La NGF ha condotto un sondaggio tra 1.200 americani maggiorenni, non giocatori, e ha scoperto che il 57% ha un'opinione negativa del gioco. La parola più usata per descriverlo? "Noioso". La stima di Beditz è che anche un quinto dei 25 milioni di golfisti ritengano che il golf non sia divertente e probabilmente lo abbandoneranno nei prossimi anni.
Non ci vogliono ricerche scientifiche per sapere che il golf richiede molto tempo, costa tanto ed è difficile da imparare. Ma è anche vero che la gente trova tempo e soldi per fare le cose cui tiene di più. La realtà, quindi, è che il golf per la maggior parte delle persone non ha la priorità quando si tratta di come passare il tempo libero o spendere i propri soldi. Il golf ha perso di interesse, specie nella fascia di età dai 18 ai 34 anni.
Che fare quindi? King non ha peli sulla lingua, e definisce gli operatori del settore "sempre le stesse persone, che parlano sempre degli stessi problemi con le stesse vedute. Non penso che ci sia alcuna mente illuminata o innovativa nel golf, altrimenti le cose andrebbero diversamente". Con l'aiuto di Gary Hamel, noto consulente di marketing, King vuole approfondire tramite il sito web il concetto di "crowdsourcing", ovvero quella pratica che consente di ottenere servizi, idee e contenuti sollecitando i contributi di un ampio gruppo di persone, utilizzando la comunità online.
©RIPRODUZIONE RISERVATA