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Questo articolo è stato pubblicato il 25 maggio 2014 alle ore 08:14.

Tuttavia, tra tutti gli autori presenti o evocati in mostra, è anche colui che, pur scrivendo nel cuore dell'Ottocento, mostra la maggiore ironia e derisione rispetto alla cattedrale come simbolo religioso, al punto di situare il primo incontro amoroso di Emma e Léon, carico di situazioni grottesche, «alle undici, alla cattedrale». I due amanti cercano in tutti i modi di evitare le spiegazioni di un inopportuno custode sulle «bellezze della cattedrale» (che non riescono a risultare tali neanche per il lettore, trascinato in una vera e propria fuga dall'edificio religioso, troppo grande e luminoso), per rinchiudersi nello stretto e buio abitacolo di una carrozza «più ermetica di una tomba», dove consumeranno il loro amplesso. Il loro amore, «raggelato come le pietre da ormai quasi due ore nella chiesa», rischiava di dissolversi «come uno sbuffo di fumo» all'interno di quel «tubo tronco», ossia la guglia di ferro, non ancora completata dopo l'incendio di inizio secolo che ne aveva distrutto l'originale, e che a Flaubert pareva più che una superba «flèche» gotica, «la trovata stravagante di un estroso calderaio». Ma del resto, scriveva Flaubert, «si misura un'anima dalla dimensione del desiderio che contiene, così come si giudica una cattedrale dall'altezza del suo campanile». E non della sua guglia, specie se di ferro.
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