Storia dell'articolo
Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 25 maggio 2014 alle ore 08:15.

My24

L'avvincente saga dei Monuments Men continua. Dopo aver raccontato le imprese dell'intraprendente drappello di storici dell'arte, archeologi, bibliotecari e direttori di musei anglo-americani che, attraversando l'Europa dalla Normandia all'Austria al seguito delle truppe alleate, cercarono di salvaguardare le opere d'arte dalla furia delle guerra e dalla bramosia dei nazisti, Robert Edsel torna sull'argomento con un nuovo libro che si concentra sulle azioni dei MFAA (Monuments, Fine Arts, and Archives) in Italia, dallo sbarco in Sicilia nel luglio 1943 alla liberazione del nord nell'aprile-maggio 1945.
Gli eroici Monuments Men attivi nel nostro Paese si chiamavano Deane Keller, Frederick Hartt, Perry Cott, Ernst Theodore De Wald, Mason Hammond e John Bryan-Perkins (per citare solo i principali) e a loro Edsel dedica molto spazio narrandone le imprese durante la campagna d'Italia e facendoli dialogare con altri protagonisti della storia, comandanti militari, funzionari italiani del patrimonio artistico, esponenti della Chiesa cattolica, agenti segreti, partigiani, diplomatici, storici dell'arte tedeschi e ufficiali delle SS.
Come è noto, nell'estate del 1943 in Italia accadde di tutto: lo sbarco in Sicilia degli Alleati, la caduta di Mussolini, l'armistizio dell'8 settembre, la fuga del re a Brindisi. Risultato: il caos. La penisola – subito occupata dal ex alleato tedesco – si trasformò di colpo in un fronte di guerra, con gli Alleati che tentavano di risalirla da sud e le truppe del Terzo Reich che tentavano di sbarrare loro la strada. Il tutto a suon di devastanti cannonate.
Ma, ahinoi, non c'erano solo i cannoni. Per costringere i nazifascisti alla resa, gli Alleati avevano parallelamente deciso un piano di bombardamenti sulle principali città italiane che, almeno nelle intenzioni, dovevano interessare solo obiettivi strategici come snodi ferroviari o fabbriche di produzioni belliche. Churchill voleva far capire «al vecchio Mussolini come ci si sente con il soffitto che ti può cadere in testa da un momento all'altro». E si agì di conseguenza. Le autorità alleate divisero le città italiane «bombardabili» in tre categorie. La categoria "A" comprendeva Roma, Venezia, Firenze e il Torcello: questi luoghi non potevano assolutamente essere colpiti senza autorizzazioni speciali. Nella categoria "B" rientravano invece Ravenna, Assisi, Como e San Gimignano, e nella categoria "C" c'erano Pisa, Siena, Verona, Bologna, Lucca e Padova: i singoli piloti erano autorizzati a colpire queste città senza particolari permessi.
Sappiamo che sui cieli d'Italia gli Alleati ne combinarono di tutti i colori. Ad esempio massacrarono di bombe Milano: il libro di Edsel si apre con il drammatico racconto dalla distruzione di Santa Maria delle Grazie, nella quale solo l'Ultima Cena di Leonardo sopravvisse intatta agli ordigni. Purtroppo, gli anglo-americani commisero anche micidiali errori di puntamento. A Roma, nell'agosto del 1943, insieme alla Stazione di San Lorenzo gli Alleati colpirono anche gli edifici vicini, l'università, l'ospedale, il cimitero e la stessa basilica di San Lorenzo. Morirono circa 2 mila persone e papa Pio XII, che aveva seguito il bombardamento con il binocolo dalle finestre del Vaticano, si precipitò tra le vittime.
Un secondo errore di puntamento sulla stazione ferroviaria di Padova ebbe conseguenze tragiche per il patrimonio artistico italiano: venne centrata in pieno la vicina Chiesa degli Eremitani e gli affreschi di Mantegna andarono irimediabilmente in polvere. Ma le bombe sfiorarono anche la Cappella degli Scrovegni, ammantata di affreschi di Giotto.
Uno dei primi problemi affrontati dai Monuments Men attivi in Italia fu proprio quello di fare in modo che i bombardieri alleati non commettessero troppi errori di mira. In tal senso si operò perché ai piloti fossero consegnate non semplici carte geografiche delle zone da colpire ma precise mappe fotografiche riprese dall'alto. Tali precauzioni diedero talvolta i loro frutti, perché nel raid effettuato contro la stazione ferroviaria di Firenze, ad esempio, nessuna bomba andò a sfiorare la vicinissima basilica di Santa Maria Novella, stracolma di capolavori.
Il grosso del lavoro, però, i Monuments Men lo fecero via terra, percorrendo l'Italia al seguito delle truppe alleate. E si trovarono ad affrontare sostanzialmente quattro problemi. Primo: rimediare i danni provocati dagli stessi bombardamenti alleati costruendo le prime tettoie di fortuna sopra i monumenti colpiti. Secondo: mettere in sicurezza gli edifici storici italiani con i celebri cartelli «off limits» per evitare che le stesse truppe alleate vi si insediassero usandoli come caserme o quartieri generali. Terzo compito (ancor più impegnativo): recuperare e mettere in sicurezza i tesori d'arte allontanati da musei, chiese e collezioni private facendosi aiutare, ove possibile, dai funzionari italiani (attivissimi, in questo senso, furono Pasquale Rotondi, Fernanda Wittgens, Emilio Lavagnino, Giulio Carlo Argan e Palma Bucarelli, Bruno Molajoli e Amedeo Maiuri). Il quarto compito fu il più drammatico: impedire ai tedeschi di depredare il patrimonio italiano deportandolo in Germania o, peggio ancora, distruggerdolo per rappresaglia (come purtroppo era accaduto con le navi romane di Nemi o per l'Archivio Storico di Napoli).
Senz'armi, senza autorità militare e in sella a jeep scalcagnate (spesso rimediate con mezzi non del tutto leciti), i Monuments Men partirono dalla Sicilia. Mason Hammond fece da apripista e poté per fortuna constatare che i danni al patrimonio artistico dell'isola si limitavano a Palermo e a Messina, dove a fare le spese delle bombe alleate erano state soprattutto le chiese. Ma quando gli Alleati riuscirono a conquistare Napoli, i Monuments Men, capitanati da Paul Gardner, si trovarono davanti una situazione desolante: la basilica di Santa Chiara era stata completamente distrutta e gli scavi di Pompei danneggiati. Gli Alleati avevano bombardato Pompei perché convinti che tra gli scavi si celassero postazione tedesche. E lo stesso sarebbe accadduto con l'Abbazia di Montecassino.

Commenta la notizia

Shopping24

Dai nostri archivi