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Questo articolo è stato pubblicato il 25 maggio 2014 alle ore 19:12.
L'ultima modifica è del 26 maggio 2014 alle ore 00:13.

Petro Poroshenko (Afp)Petro Poroshenko (Afp)

La rivoluzione del Maidan finisce qui: l'Ucraina ha un nuovo presidente. Petro Poroshenko ha centrato l'obiettivo al primo colpo, superando la soglia del 50% più un voto e proclamandosi vincitore senza dover attendere il ballottaggio.

I primi exit polls, annunciati subito dopo la chiusura dei seggi, hanno garantito all'oligarca dei cioccolatini Roshen la maggioranza assoluta con il 55,9% dei consensi, almeno di quelli che un'Ucraina mutilata dalla rivolta dell'Est ha potuto esprimere. E questa volta, con un sorriso triste sulle labbra e senza più neppure la mitica treccia intorno al capo, Yulia Tymoshenko ha accettato la sconfitta, lontana da Poroshenko, con il 12,9% dei voti.
Lui è apparso al fianco di Vitaly Klitchko, il pugile/leader del Maidan che ha rinunciato alle proprie ambizioni per unire le forze e come consolazione ha ricevuto la carica di sindaco di Kiev, vinta con il 57% dei voti.

E ora inizia la ricerca di una via d'uscita alla terribile crisi in cui l'Ucraina si dibatte da mesi. Poroshenko ha spiegato che la direzione da prendere è verso l'Europa, ma il suo primo viaggio lo porterà all'Est, dove intende mettere fine al confronto con i separatisti filorussi. Non ha spiegato esattamente come, né come potrà salvare il Paese dalla bancarotta, e dal rischio di smembramento, e come intende venire a patti con la Russia di Vladimir Putin. Di Poroshenko, oligarca che si è fatto da sé, si conoscono le capacità imprenditoriali e l'esperienza in vari governi. Ma ora tutto di fronte a lui - e lui per il mondo - è terra incognita.

Convocherà elezioni parlamentari a breve, ha detto: a lui, presidente dai poteri ridimensionati dal Parlamento dopo la fuga di Viktor Yanukovich, spetta comunque indicare un nuovo candidato premier, e nominare il ministro degli Esteri e della Difesa. Quanto alle relazioni con la Russia, rispondendo alla domanda di un giornalista Poroshenko ha detto che insisterà sul rispetto per la sovranità e l'integrità territoriale dell'Ucraina, e non riconoscerà mai l'occupazione della Crimea.

Le aspettative poste su di lui sono pari alle sfide che gli stanno di fronte, come testimonia la giornata del voto. "La violenza dei ribelli dell'Ucraina orientale è sfuggita a ogni controllo", è la denuncia del responsabile per Europa e Asia Centrale di Human Rights Watch, Hugh Williamson. Man mano che scorrevano le ore di questa giornata cruciale per l'Ucraina, le notizie e le immagini che arrivavano da Donetsk e Luhansk confermavano le preoccupazioni più gravi della vigilia. Bilanciate da altre immagini e da altri dati, elettori in coda nei seggi dell'altra metà del Paese, le cifre confortanti sull'affluenza che hanno fatto dire a Poroshenko che "il tentativo di sabotare il voto è fallito".

E tuttavia, nella città di Donetsk i separatisti non hanno consentito l'apertura di alcun seggio, terrorizzando i funzionari elettorali con la collusione della polizia locale, e si sono fatti riprendere mentre, a volto coperto, distruggevano le urne a bastonate oppure le usavano come bidoni per le immondizie. Quelle stesse urne che proprio loro avevano utilizzato l'11 maggio scorso, per il referendum sulla secessione, appiccicando il tricolore di autoproclamata Repubblica popolare di Donetsk sopra lo stemma giallo e azzurro dell'Ucraina. Mentre Poroshenko votava a Kiev e Yulia Tymoshenko a Dnipropetrovsk, nella piazza Lenin di Donetsk i filorussi avevano organizzato una manifestazione a proprio sostegno, per poi indirizzare decine di persone contro la residenza di Rinat Akhmetov, l'oligarca che regna a Donetsk, divenuto loro nemico. Non era in casa: come ha fatto sapere il suo servizio stampa, nell'impossibilità di votare Akhmetov è volato a Kiev.

Nell'intera regione di Donetsk - alle 9.30 del mattino - erano attivi soltanto 426 seggi su 2.432, nella regione di Luhansk 400 su 1.476. Considerando Donetsk, Luhansk e la Crimea, il voto ucraino si è svolto senza che il 15% degli elettori registrati sia stato in grado di partecipare. E' una delle ragioni che potrebbe far dire alla Russia che non riconosce il risultato delle elezioni, malgrado Vladimir Putin abbia promesso di farlo.

Perché Poroshenko, apparso all'improvviso sulla scena? Se la maggior parte dei consensi si sono convogliati su di lui - dall'estero e tra gli altri oligarchi di Ucraina, oltre che tra gli elettori - una delle ragioni è il fatto che Poroshenko non è un radicale, anche nei modi non ha l'aggressività ormai usurata della Tymoshenko, e sa navigare con l'esperienza di un imprenditore che si è fatto da sé e che nello stesso tempo ha frequentato la politica con diversi governi, ministro sia della Tymoshenko che di Yanukovich. «Siamo pronti a qualunque compromesso con la Federazione russa - chiariva Poroshenko nel suo programma elettorale - a condizione che cessi l'aggressione nell'Est dell'Ucraina».
Pragmatico come lui, da Pietroburgo Vladimir Putin aveva ripetuto sabato per la seconda volta che è interessato alla stabilizzazione del Paese e lavorerà «con le autorità formate sulla base di queste elezioni».

Il presidente russo ha ribadito però anche che l'Ucraina deve pagare i propri debiti per il gas fornito, ed esiste il rischio che «radicali ucraini» vogliano sabotare i flussi di gas russo diretto all'Europa. Ma se i due uomini dovessero trovare un'intesa politica - fanno notare diversi osservatori a Kiev - d'improvviso diventerà possibile intendersi anche su tutti gli altri fronti, prezzi del gas compresi.

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