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Questo articolo è stato pubblicato il 26 maggio 2014 alle ore 07:09.

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LONDRA. Dal nostro corrispondente
Londra evita gli exit polls per le elezioni europee e si affida al voto reale che arriva nella notte, suffragato dalle previsioni della vigilia degli istituti di statistica. I primi collegi scrutinati nel nord-est ed est del paese confermano l'avanzata, prologo di un possibile trionfo, dell'United Kingdom independence party, la forza eurofobica guidata da Nigel Farage. Il successo annunciato dell'Ukip sembra dunque prendere forma, seppure scomposta ed estremamente parziale mentre scriviamo, ma in linea con le previsioni elaborate dagli analisti alla vigilia. Cinque istituti su sette assegnano la vittoria in termini assoluti all'Ukip, gli altri due ai Laburisti, consegnando, in questo caso, il partito di Nigel Farage al secondo o al terzo posto in un testa a testa con i Tory. In ogni caso le stime danno all'Ukip un consenso che muove fra il 25 e il 32% dei voti: nelle elezioni europee del 2009 il partito di Farage prese il 16,5 per cento. L'unica certezza in attesa dei voti reali è l'affluenza alle urne che, miracolosamente, in Gran Bretagna cresce, muovendo dal 34,7 delle precedenti votazioni al 36% di questa tornata.
Che l'esito del voto potesse andare in questa direzione - con tutti i se e i ma del caso - lo si era già capito la notte fra giovedì e venerdi quando erano cominciati ad affluire i voti delle amministrative di Inghilterra e Irlanda del Nord. La prima scossa del terremoto-Ukip s'era infatti avvertita forte e chiara. Il partito di Farage ha raccolto 163 nuovi amministratori locali nel Paese, con un balzo esponenziale che conferma due elementi. Prima di tutto il partito eurofobico è ormai percepito come potenziale forza di governo: alla rivolta contro la classe dirigente si associa, dunque, la decisione popolare di scegliere uomini e donne dell'Independence party per amministrare le comunità locali.
Ne deriva, ed è la seconda considerazione, che l'Ukip può puntare a Westminster alle politiche del 2015, riducendo al lumicino le chance di vittoria dei Tory, riserva naturale di voti per il partito di Nigel Farage. E infatti l'Ukip ha già fatto sapere che in vista dell'anno prossimo lavora già su venti collegi marginali del Paese per battere gli avversari e mandare i primi deputati ai Comuni. Su tutte queste considerazioni, va ricordato, pesa il diverso sistema di voto: proporzionale puro per le europee a gran beneficio dei partiti minori; maggioritario secco (first past the post) per le votazioni politiche, barriera fino ad ora insuperabile per i "piccoli".
Comunque la si legga e qualunque sarà l'esito, la doppia votazione di questo week end muta radicalmente la scena politica britannica. Il bipolarismo Tory-Labour da anni ha lasciato il posto al tripolarismo Tory-Labour-LibDem, con questi ultimi oltretutto azionisti di minoranza della coalizione di governo. Oggi si parla di partita a quattro con l'emersione dell'Ukip dai margini della vita pubblica. Le conseguenze si vedono già. David Cameron si schiaccia a destra sui temi europei per cercare di trattenere gli elettori più scettici, accentuando la voglia di fuga dal governo dei LibDem, condannati senza appello dagli elettori sia alle amministrative sia alle europee se è vero come dicono le statistiche che potrebbero finire alle spalle dei Verdi. Le conseguenze della marcia del premier inglese verso forme di euroscetticismo più radicale si vedranno già nei prossimi giorni in occasione del negoziato per i nuovi vertici delle istituzioni europee. Londra non vuole al vertice della Commissione il federalista - popolare- Jean Claude Juncker, né il federalista - socialista - Martin Schulz, ovvero i candidati più probabili ad assumere l'eredità di Barroso. Vorrebbe una figura poco ideologica e molto pragmatica, con cui negoziare le nuove condizioni di adesione alla Ue. Per la Gran Bretagna è essenziale, passaggio ineludibile per tenere a bada le forze più eurofobiche e sperare di vincere il referendum di adesione all'Unione. Quel referendum voluto da David Cameron e sul quale, crediamo, stiano ora ragionando anche i laburisti di Ed Milliband.
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