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Questo articolo è stato pubblicato il 26 maggio 2014 alle ore 08:26.
L'ultima modifica è del 26 maggio 2014 alle ore 10:46.

Forte avanzata delle forze euroscettiche e anti-Ue di destra, ma il Parlamento europeo non sarà «ingovernabile». È questo il quadro emerso dal voto al quale ha partecipato il 43,09% degli elettori contro il 43% della precedente tornata: è la prima volta che si verifica una stabilizzazione della partecipazione al voto dal 1979, quando si espresse quasi il 20% di elettori in più.

Il Partito popolare europeo è risultato largamente in testa con 212 seggi (28,2%), seguito dal Pse con 186 (24,7%), dai liberali con 70 (9, 3%), dai verdi con 55 seggi (7,3%). Questi quattro partiti dispongono in totale di 523 seggi su 751 rendendo possibili maggioranze pro-Ue. Quinto partito i Conservatori e riformisti europei di cui fanno parte tra gli altri i "Tories" britannici e il polacco Legge e Giustizia con 44 seggi (5,8%). Il gruppo della Sinistra unita (cui aderisce la lista Tsipras) avrà 43 seggi (5,73%).

Infine il variegato fronte euroscettico ed eurofobico: il partito più strutturato è costituito dal Gruppo Europa della libertà e della democrazia di cui fa parte l'Ukip del britannico Nigel Farage, diventato il primo partito nel Regno Unito con 36 seggi (4,7%). Nel gruppo dei "non iscritti" che conta 38 seggi (5%) l'Europarlamento inserisce il Fronte Nazionale di Marine le Pen che ha travolto socialisti e Ump diventando il primo partito in Francia, Lega, i partiti di destra austriaco Fpo e olandese Pvv di Geert Wilders. Infine nella "casella" Altri vengono inseriti i partiti non rappresentati nella legislatura precedente e cioè Movimento 5 Stelle, gli anti-euro di Alleanza per la Germania, i neonazisti greci di Alba Dorata: 67 seggi (8,92%).

Domani vertice Capi di Stato e di Governo
Il primo scoglio per la verifica della maggioranza pro-Ue sarà la nomina del presidente della Commissione. Jean Claude Juncker ha «rivendicato» il posto di presidente della Commissione europea, al quale è stato candidato dal Partito popolare europeo. Il "campione" del Pse, Martin Schulz, non considera chiusa la partita nonostante che il gruppo socialista abbia 26 seggi meno del Ppe. Il presidente della Commissione europea José Barroso, ormai alle ultime battute della sua decennale carriera al vertice dell'esecutivo Ue, ha fatto appello alle forze pro-europee a «riunirsi per formare una maggioranza molto solida e che funzioni». Un appello rivolto in particolare a popolari, socialisti e liberali. I numeri usciti dalle urne indicano chiaramente che lo spazio per il gioco di coalizioni variabili fra i partiti pro-Ue non è ristretto: Ppe e Pse da soli arrivano a 398 seggi su 751, se si aggiungono i liberali di Guy Verhofstadt (anch'egli candidato alla guida della Commissione), si arriva a quota 468. Il primo banco di prova è proprio il negoziato sui vertici delle istituzioni europee. Domani si riuniscono i capi di Stato e di Governo per una prima valutazione e già si profila uno scontro sulla scelta del presidente della Commissione perché sono molti i leader a non voler "pescare" nella rosa proposta dall'Europarlamento, a cominciare dalla cancelliera tedesca.

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