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Questo articolo è stato pubblicato il 27 maggio 2014 alle ore 06:37.

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KIEV. Dal nostro inviato
"Pietro Primo", titola il quotidiano Vesti. Uno zar per l'Ucraina: la vittoria di Petro Poroshenko al primo turno è stata confermata ieri (54,1% dei voti contro il 13,1% di Yulia Tymoshenko) e "benedetta" dal verdetto estremamente positivo degli osservatori dell'Osce, l'Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa. «Cercherò di mettere fine alla guerra, al caos e al disordine recandomi per prima cosa nel Donbass», ha subito detto il presidente, che si insedierà all'inizio di giugno. Dialogo e posti di lavoro per gli abitanti delle regioni in rivolta, pugno di ferro con chi ha imbracciato le armi, e vuole fare del Donbass una terra senza legge come la Somalia: nella sua prima conferenza stampa da presidente, Poroshenko ha voluto chiarire che d'ora in poi «l'efficacia dell'operazione anti-terrorismo (in corso a Donetsk e Luhansk, ndr) verrà drasticamente aumentata. Non dovrà durare mesi, ma ore».
I separatisti filorussi lo attendevano al varco: dopo aver proclamato una loro "legge marziale" a Donetsk, all'alba di lunedì hanno fatto irruzione nell'aeroporto della città, prendendo il controllo, costringendo ad annullare ogni volo. Poco dopo, Kiev ha risposto alla prova di forza dei ribelli.
Ed era anche una risposta di sfida a Mosca, che pretende la cessazione delle operazioni militari nell'Est. L'elezione convinta di Poroshenko toglie scuse al Cremlino, che per mesi ha attaccato l'illegittimità delle autorità ucraine: malgrado due regioni abbiano potuto partecipare solo al 20% della propria forza, l'affluenza domenica ha superato il 60 per cento.
Per combattere i separatisti, a Donetsk questa volta Kiev ha mandato l'aviazione. Scaduto un ultimatum, elicotteri e caccia hanno iniziato a bombardare il perimetro dell'aeroporto, concentrandosi sull'area in cui si erano raggruppati i ribelli, preparando la strada all'intervento dei paracadutisti. La battaglia è durata tre ore ed è sembrata rallentare verso sera, con i governativi apparentemente di nuovo in controllo almeno di alcune aree dell'aeroporto Serghej Prokofjev. «I soldati ucraini - aveva detto Poroshenko in conferenza stampa - non dovrebbero andare più in giro nudi, scalzi e affamati».
A Donetsk, senza ancora neppure essere entrato in carica, Poroshenko si gioca la propria credibilità. E si gioca la possibilità di aprire un canale con la Russia, che ieri - attraverso il ministro degli Esteri Serghej Lavrov - ha confermato le parole di Vladimir Putin. «Siamo pronti a lavorare con Petro Poroshenko - ha detto Lavrov da Mosca - ora c'è la possibilità di stabilire un dialogo basato sul rispetto reciproco». Ma un'escalation nell'Est, ha aggiunto il ministro russo, «sarebbe un errore colossale». Quando Mosca chiede «rispetto» per gli abitanti delle regioni orientali, intende anche i separatisti armati. Poroshenko ha parlato di un viaggio in Russia in tempi brevi, ha detto che lui e Putin si conoscono bene. Ma perché Mosca e Kiev tornino in rotta di collisione basta un soffio.
Dov'è la via d'uscita? Secondo Mikhail Pogrebinsky, responsabile del Kiev Center of Political and Conflict Studies, Putin e Poroshenko sapranno trovare il modo di intendersi. «L'importante - spiega il politologo - è che il nuovo presidente conduca una politica pro-europea senza fare la guerra alla Russia. Per questo dovrà andare a Mosca, accordarsi sul prezzo del gas, ottenere che smettano di aiutare i separatisti dell'Est. Tutto questo può succedere». In fondo, il pragmatismo è una dote che accomuna i due uomini. Per quanto riguarda Donetsk, continua Pogrebinsky, «il problema può essere risolto con la creazione di un'autonomia. La regione di Donetsk adotta una sua Costituzione, elegge il suo Parlamento, si accorda per essere autonoma da Kiev ma all'interno dell'Ucraina, come la Catalogna in Spagna. Mentre le altre regioni otterranno una decentralizzazione: è un modello che potrebbe andare bene sia all'Europa che alla Russia». E cambiando la Costituzione, aggiunge Pogrebinsky, bisognerebbe affermare la neutralità dell'Ucraina. Pro-europea, ma neutrale. Come la Finlandia o l'Austria: «Deve finire questa storia che l'Ucraina è contesa tra la Russia e l'America, ci vuole una visione nuova. Tanto, dividere il Paese tra una parte russa e una americana sarebbe ancora più complicato: Kiev, per esempio, dove la mettiamo?».
Per ora, Kiev si dibatte in un altro dilemma. Da ieri ha un nuovo sindaco, Vitaly Klitschko, l'alleato di Poroshenko. Come lui, appena eletto il boxeur è andato subito all'attacco, e ha chiesto lo sgombero del Maidan. «La missione è compiuta - ha detto l'uomo che in quella stessa piazza aveva animato la protesta -. Le barricate hanno raggiunto il loro scopo, e ora vanno smantellate». Il Maidan non gli ha ancora risposto: ma non sembra convinto.
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