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Questo articolo è stato pubblicato il 27 maggio 2014 alle ore 09:24.
L'ultima modifica è del 27 maggio 2014 alle ore 19:04.

TOKYO – Il Giappone resta il primo creditore mondiale, ma la Cina _ al secondo posto – si sta avvicinando a grandi passi alla posizione di leadership globale.
Lo indica un rapporto del Ministero delle Finanze di Tokyo, che evidenzia come il Giappone – pur essendo il Paese avanzato con il più alto tasso di indebitamento rispetto al Pil – sia anche, per il 23esimo anno consecutivo, la nazione con più asset esteri netti al mondo.

Questi asset netti (detenuti da governo, istituzioni e individui) sono saliti alla fine dell'anno scorso al record di 325mila miliardi di yen, con un aumento del 9,7% legato in parte alla svalutazione dello yen (-28% sull'euro e -22% sul dollaro) che ne ha gonfiato il valore (in yen). E' un ammontare pare a circa 1,5 volte il valore degli asset netti esteri della Cina (equivalenti a 207.600 miliardi di yen) e della terza in classifica, la Germania (con 192.200 miliardi di yen). La Cina è il secondo creditore mondiale da sette anni e il differenziale con il Giappone si è ridotto nell'ultimo anno da 146mila a 117mila miliardi di yen. Del resto, mentre Tokyo ha ormai un deficit commerciale permanente, la Cina continua a godere di un forte surplus nel suo commercio estero.

Sul piano degli asset esteri lordi, l'aumento nel 2013 è stato del 20,7% per il Giappone a un totale di 797mila miliardi di yen, pari a circa 7.800 miliardi di dollari: si tratta del quinto incremento annuale consecutivo. 113mila miliardi di yen rappresentano gli investimenti diretti all'estero (Fdi), saliti di 13mila miliardi di yen nell'anno un record). Le liabilities esterne sono altresì aumentate del 29,1% a 472mila miliardi di yen (in rialzo per il quarto anno consecutivo) : un riflesso, in parte, di maggiori acquisizioni di asset finanziari giapponesi da parte degli investitori stranieri (ad esempio con il boom della Borsa dell'anno scorso, ormai dimenticato).

Il governo del premier Shinzo Abe sta cercando di migliorare i ritorni sugli asset esteri, ma finora i risultati sono scarsi. Il Giappone ha guadagnato solo il 2,1% dalle sue attività estere, contro il 3,1% di ritorno conseguito ad esempio nel 2008. Abe intende anche attirare maggiori investimenti diretti stranieri in Giappone, tanto che ha da poco inviato un messaggio personale in inglese agli investitori stranieri – tramite la Jetro, Japan External Trade Organization _ , sostenendo che questo è il momento migliore per puntare sul Sol Levante, che sta cambiando in una direzione favorevole al business come mai accaduto - a suo dire - da decenni. Ma anche questo obiettivo, per ora, resta sfuggente. Dall'estero c'è molta attesa per il piano di riforme nel segno della deregulation che sarà annunciato da Abe a giugno come terzo pilastro della sua "Abenomics" dopo la politica monetaria e la flessibilità fiscale.

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