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Questo articolo è stato pubblicato il 27 maggio 2014 alle ore 12:39.
L'ultima modifica è del 27 maggio 2014 alle ore 14:22.

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Il primo ministro turco Recep Tayyip Erdogan, di ritorno da un tour elettorale a Colonia in Germania in vista delle presidenziali di agosto, parlando con dei giornalisti ha pesantemente criticato la decisione della Banca centrale di Ankara di tagliare i tassi di interesse solo dello 0,5%, dal 10% al 9,5%, considerato un livello ancora troppo alto.

La Banca centrale turca, formalmente indipendente, è sottoposta da mesi a un fuoco di fila di pressioni e "consigli" ad ogni occasione dal potere esecutivo. La Banca il 22 maggio scorso aveva abbassato il tasso di riferimento di 50 punti base, dopo averlo fatto salire al 10% a gennaio per cercare di sostenere la lira in caduta libera.

«Mi prendete in giro?», ha commentato duro Erdogan ai giornalisti nel corso del viaggio che lo riportava in Turchia dalla Germania. Il primo ministro, che probabilmente si candiderà capo dello Stato al posto del suo sodale di partito Abdullah Gul, non contento si è spinto a suggerire anche la forchetta di intervento: Erdogan vorrebbe il tasso ridotto al 4,5%, una mossa che farebbe schizzare l'inflazione, già oggi a due cifre, e svalutare ulteriormente la lira turca e i relativi profitti di chi ha investito sul Bosforo. Esattamente il contrario di ciò che, faticosamente, sta cercando di fare la banca centrale turca che vuole proteggere la moneta dalle speculazioni abbattutesi sulle valute di molti Paesi emergenti dopo il tapering della Federal Reserve deciso a dicembre scorso.

D'accordo con la richiesta di Erdogan si sono invece espressi alcuni analisti del settore bancario, secondo cui, nonostante l'aumento dei tassi, l'inflazione turca è rimasta al 10 per cento e quindi ci sarebbe spazio per la riduzione.

Venerdì scorso, intanto, Standard&Poor's aveva confermato il suo rating per la Turchia (BB+) e ha affermato che l'outlook del Paese rimane negativo. La crescita è prevista da Frank Gill, direttore dei sovereign ratings europei di S&P's in frenata, al 2,5% contro il 4% dell'anno scorso.

«Riteniamo che il contesto politico turco sia diventato più volatile e questo potrebbe pesare sulla capacità dell'economia di resistere agli shock esterni e frenare la crescita
nel lungo periodo», aveva detto l'agenzia di rating americana.

Oggi l'indice della fiducia dei consumatori turchi è sceso a 76,0 in maggio da 78,5 di aprile, secondo i dati pubblicati dall'agenzia statistica locale. La pubblicazione dell'indicatore non mancherà di rinfocolare le polemiche tra Erdogan e la Banca centrale turca.

L'esecutivo non mancherà di far sapere che è la politica dei tassi di interesse della banca centrale a creare problemi all'economia reale tenendo i costi dell'indebitamento troppo elevati. Un'opinione non condivisa da tutti. «L'economia sta rallentando in Turchia, oltre quello che le autorità locali sono pronte ad ammettere», ha scritto in una e-mail Cristian Maggio, economista alla Toronto-Dominion Bank a Londra. «L'indice di di fiducia in calo riflette anche questa situazione», ha concluso.

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