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Giro, al rifugio Panarotta doppietta colombiana. Quintana resta saldamente in rosa

Il colombiano Julian Arredondo taglia vittoriosamente il tragiardo della 18a tappa del Giro d'Italia (AFP Photo)Il colombiano Julian Arredondo taglia vittoriosamente il tragiardo della 18a tappa del Giro d'Italia (AFP Photo)

Meglio prenderne atto. Rassegniamoci. Questo Giro d'Italia, per quanto "sfregiato" dal pasticcio della tappa dello Stelvio, è un affare privato dei colombiani. Come i funghi dopo la pioggia, spuntano dovunque. Sono una banda agguerritissima, un "cartello" ciclistico. Nella 18esima tappa, sui 1760 metri del rifugio Panarotta, fanno doppietta con Julian Arredondo davanti a Fabio Duarte. Dietro, tra i big, la maglia rosa Nairo Quintana mantiene saldamente il comando seguito come un'ombra da Rigoberto Uran, anche lui colombiano.

In questa morsa l'unico che prova a smuovere le acque è il nostro tamburino sardo, Fabio Aru, ancora una volta in attacco quando la strada s'impenna. Quella di Aru, diciamolo, è una stoccatina che strappa solo qualche secondo alla maglia rosa, ma che gli permette però di risalire la classifica grazie anche al cedimento di Cadel Evans in pesante difficoltà quando la campana ha cominciato a suonare. Ora è Fabio Aru è quarto in classifica, a tre minuti e mezzo da Quintana, ormai boss incontrastato della corsa stando a quello che si è visto in questa tappa con due passi e quasi 40 chilometri in salita.

Una bella sgroppata che però poco ha cambiato la situazione. La maglia rosa non è mai stata in difficoltà. Tonico, sempre sul pezzo, Quintana ha sempre avuto in mano il controllo della corsa. E anche sugli scatti del francese Rolland, terzo nella generale, non si è mai fatto prendere dai nervi tenendolo sempre nel mirino. Mai un segno di cedimento, mai una sbavatura. Con quella faccia imperturbabile, che mai regala un sorriso o un guizzo dello sguardo, il colombiano manda un messaggio a tutti i naviganti in vista della cronoscalata di Bassano del Grappa: nemici miei, non mi fate paura. E se credete che porto con l'inganno questa maglia rosa, venite a stanarmi. Io sono qua, vi aspetto. Ma non vedo dei fulmini di guerra attorno a me.
Che dire? Sulla cronoscalata di Cima Grappa, qualcosa può ancora succedere. Sono 28 chilometri con pendenze fino al 14%. Finora quando sono scattate le lancette Uran è andato meglio. Però con queste pendenze Quintana dovrebbe cavarsela meglio rispetto alla crono di Barolo. Poi ha anche un bel vantaggio (+1,41") sul rivale. Un vantaggio che gli permette di gestirsi bene.

Quanto alle polemiche, e alla maglia svilita dal fattaccio dello Stelvio, c'è poco da aggiungere. E' stato un pasticcio. Una vicenda quasi comica, se non ci fosse di mezzo una corsa così importante come il Giro d'Italia. Adesso tutti potranno dire che l'impresa di Quintana è farlocca, figlia di una furbata o di un clamoroso malinteso dovuto ai messaggi contraddittori inviati dagli organizzatori.
E la giuria? Perché non è intervenuta? Gianni Bugno, presidente del Sindacato mondiale dei corridori, ha ragione quando dice che «da regolamento solo la giuria poteva bloccare o neutralizzare la corsa». Invece la Giuria ha fatto come Ponzio Pilato lasciando che ad equivoco si aggiungesse equivoco. Questo nulla toglie al valore di Quintana. Che sia il più forte è chiaro a tutti, ma così rischia di arrivare a Trieste con una vittoria dimezzata e mai riconosciuta.

Siamo nel gran finale. Dopo la cronoscalata sulla Cima Grappa, sabato c'è l'ultimo ostacolo, il leggendario e sinistro Zoncolan. Pendenze da far paura. Ma non si vede all'orizzonte chi possa far paura a Quintana. Speriamo, e dei buoni segnali li ha mandati anche qui sul rifugio Panarotta, che Fabio Aru prosegua nel suo cammino virtuoso. Il podio è alla sua portata.

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