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Questo articolo è stato pubblicato il 02 giugno 2014 alle ore 09:07.

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Nella foto Marco Belinelli a segno nella partita contro gli Oklahoma City Thunder (AFP Photo)Nella foto Marco Belinelli a segno nella partita contro gli Oklahoma City Thunder (AFP Photo)

«Dedico le finali all'Italia». Parole semplici, ma che arrivano dritte al cuore quelle di Marco Belinelli, alla vigilia di quella finale che lo vedrà comunque protagonista, come primo italiano della storia a scendere in campo sui parquet americani per giocarsi l'anello. La sua è solo una delle tante storie che si intrecceranno nella "dinasty" delle Finals, in quell'epopea dei canestri che Heat e Spurs stanno intrecciando in modi e tempi diversi, ma con lo stesso obiettivo:il titolo.

Vendetta o tripletta? – Miami alla quarta finale consecutiva, come solo a Lakers e Celtics era accaduto in passato, e a caccia di uno storico"triplete"; San Antonio alla seconda di fila, e al culmine della parabola di un gruppo che sotto la guida di coach Popovich, tre titoli dalle parti di Fort Alamo li ha già portati. Bastino questi numeri per capire lo spessore della finale che sta per cominciare. E Basti ricordare come andò a finire un anno fa – con l'incredibile rimonta di Miami nella finale di gara-6 e la vittoria degli Heat in una combattutissima gara-7 – per immaginare cosa accadrà (anche) stavolta sul parquet…

Vantaggio del campo – Dopo 29 anni, il format delle finali da quest'anno torna al 2-2-1-1-1, invece del tanto criticato 2-3-2, pensato negli anni Ottanta per limitare gli spostamenti tra le due coste, ma che costringeva la squadra numero uno della regular season a ben tre gare consecutive in trasferta. Quest'anno il fattore campo è a favore degli Spurs. Quanto può pesare questa modifica? Al massimo l'1 per cento. Cioè tantissimo, tenuto conto dell'equilibrio, che potrebbe essere il vero fattore dominante della serie.

Grandi vecchi – Ancor più di 12 mesi fa, sarà la finale dei grandi "califfi". In canottiera nero argento Duncan ha 38 anni, Ginobili ne compirà 36 a fine luglio, mentre la carta d'identità di Tony Parker dice 32, la stessa di Dwayne Wade, cui – tra gli Heat – si affiancano i 30 di Bosh, i 29 di James, i 39 dell'infinito Ray Allen. E questo,solo per parlare delle stelle. Insomma, tutta gente dal palmares eccezionale, ma che ha ancora fame di vincere, e che sa che quella che sta per arrivare potrebbe essere la (pen)ultima occasione per mettersi quel benedetto anello al dito…

Chiavi tattiche – Molte ipotizzabili, ancor di più quelle al momento non preventivabili. Vedremo ancora spesso LeBron in post basso, sia in attacco che in difesa? E ancora un Bosh più attivo e pericoloso dal perimetro, piuttosto che nel pitturato? E San Antonio sceglierà ancora di rinunciare a Splitter a fianco di Duncan, per dar spazio alla sapienza cestistica di Diaw? E quanto fiato avranno ancora in corpo gli Spurs, dopo i ritmi folli della Finale Ovest contro Oklahoma? Tranquilli: a molte di queste domande, coach Popovich e Spoelstra stanno già dando risposta sulle loro lavagnette…

Fattore Beli – 5,7 punti; 2,6 rimbalzi; 1 assist: questi i numeri raggranellati nei playoff da Marco Belinelli, a fronte di un minutaggio decisamente in calo rispetto alla regular season (da 25 minuti a poco più di 16). «Ma non è mica da questi particolari che si giudica un buon giocatore…», verrebbe da canticchiare. Più che i numeri, per il"Beli" conteranno attitudine difensiva, intensità a rimbalzo, capacità di selezionare i tiri giusti senza precludersi qualche incursione dalle parti del ferro. Del resto, anche gli Heat sanno bene che troppo spazio, all' italiano che ha vintola gara del tiro da 3 all' All Star Game, è bene non concederlo. Al Beli il compito di ricordarglielo, ogni volta, ogni qual volta ne avrà l'occasione.

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