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Questo articolo è stato pubblicato il 03 giugno 2014 alle ore 12:05.
L'ultima modifica è del 03 giugno 2014 alle ore 15:18.

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L'obiettivo della Bce, lo ha ripetuto più volte, Mario Draghi, è quello di evitare che l'eurozona entri nel tunnel della deflazione, così come è avvenuto in Giappone per il cosiddetto "decennio perduto". Ma l'ultimo dato di Eurostat segnala proprio questo rischio. Infatti torna a scendere l'inflazione nell'Eurozona dove a maggio, su base annua, è stata pari allo 0,5% contro lo 0,7% di aprile. Questa l'indicazione proveniente dalla prima stima resa nota oggi da Eurostat. Già lo scorso marzo il tasso medio dell'inflazione nei 18 Paesi nell'area euro era stato pari allo 0,5 per cento. A trascinare al rialzo sono stati il settore dei servizi, cresciuti dell'1,1%, mentre l'energia è rimasta ferma al palo (0,0%); fermi anche i beni industriali non energetici (0,0%) e gli alimentari, che sono cresciuti appena dello 0,1 per cento. Il quadro è chiaro e non lascia adito a dubbi.

Ora la Banca centrale europea non ha più alibi nel prossimo vertice per intervenire con politiche espansive, anzi per qualche analista Francoforte sarebbe già in ritardo sui tempi. Il dato dell'Eurozona conferma quello rilasciato ieri in Germania, dove i prezzi sono scesi dall'1,1% di aprile allo 0,6%, un segno evidente che anche Berlino è in pieno rischio deflazione. Un elemento che dovrebbe mettere a tacere la Bundesbank di Jens Weidmann e le sue consuete ritrosie ad intervenire in senso accomodante.

Certo, le immatricolazioni di nuove auto in Germania sono salite del 5,2% annuale a maggio a 274.804 unità, dopo il calo del 3,6% registrato ad aprile. Ma questo non cambia il trend deflazionistico.

La Bce potrebbe ridurre il tasso di riferimento e quello sui depositi overnight che potrebbe diventare negativo ma ci sarebbe nel cassetto anche un possibile nuovo LTRO (Long -term refinancing operation) da almeno 400-500 miliardi di euro che andrebbe a succedersi alle due precedenti operazioni varate a fine 2011 e inizio del 2012 per complessivi circa mille miliardi di euro. Erano i tempi della crisi peggiore dell'eurozona, dei timori di tenuta della stessa moneta unica sotto assedio degli hedge funds. Oggi invece il nemico si chiama deflazione e quindi il nuovo programma di liquidità avrebbe della condizionalità da rispettare: quello di dare credito all'economia reale. Come? Forse sul modello della precedente esperienza della Banca d'Inghilterra, peraltro non esaltante. In sostanza si passerebbe dal "funding for trading" al "funding for lending", cioè dalla liquidità concessa portando asset in garanzia per acquistare titoli del Tesoro a concessione di liquidità da prestare alle imprese. Il rilancio degli Abs (asset-backed security) sarebbero la chiave di volta di questa svolta permettendo di portarli in garanzia a Francoforte forse con maglie più larghe.

Secondo Bank of America Merrill Lynch « la BCE taglierà il tasso di finanziamento e il tasso di deposito a +10 bp e-10bp rispettivamente come massimo, con l'obiettivo di frenare l'apprezzamento del tasso di cambio. Ci aspettiamo che la Bce annuncerà un piano per sostenere il credito, un schema di finanziamento a lungo termine che differisce dai precedenti LTRO in quattro punti: sarà subordinato alla erogazione di prestiti all'economia reale; il tasso sarà fisso; il finanziamento sarà aperto per un limitato
periodo di tempo e di una quantità limitata; la scadenza sarà di 2-4 anni».

Non ci resta che aspettare la scelta di Mario Daghi che ancora una volta con una Commissione europea con le valigie in mano e la marea di euroscettici che assediano Bruxelles dovrà fare da sostituto temporaneo della volontà europea di difendere la moneta unica "whatever it takes".

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