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Questo articolo è stato pubblicato il 03 giugno 2014 alle ore 08:19.
L'ultima modifica è del 03 giugno 2014 alle ore 09:28.

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(Reuters)(Reuters)

NEW YORK - Barack Obama decide di sfoderare il "pollice" verde e di mantenere le promesse ecologiche e nella lotta all'effetto serra: il suo Ente per la protezione ambientale ha presentato nelle ultime ore ore la bozza di un piano che, per la prima volta negli Stati Uniti, intende regolamentare e ridurre drasticamente le emissioni di anidride carbonica delle centrali energetiche a carburante fossile su scala nazionale. L'obiettivo: un taglio di queste emissioni del 30%, rispetto ai livelli calcolati nel 2005, da realizzare entro il 2030.

Il traguardo, in un Paese che spesso utilizza tuttora il carbone per produrre elettricità, è almeno sulla carta considerato ambizioso dalle stesse autorità: «È come cancellare l'inquinamento annuale provocato da due terzi delle auto e deci camion nel Paese», ha detto la responsabile dell'Epa, Gina McCarthy. «E se sommiamo quello che eviteremo da qui al 2030 è l'equivalente di oltre il doppio delle intere emissioni delle centrali nel 2012». Obama, in una e-mail di massa, ha denunciato come «l'inquinamento da anidride carbonica stia minacciando oggi la nostra salute. Oltre metà degli americani vive in già in aree dove l'inquinamento dell'aria troppo spesso rende malsano respirare, è giunta l'ora di tagliare queste emissioni nello stesso modo in cui regoliamo le sostanze chimiche tossiche nell'aria. Modernizzare le nostre centrali elettriche consentirà anche di stimolare l'innovazione nell'energia pulita, creando lavoro e facendo crescere l'economia».

L'Epa completerà la sua normativa, al termine di una discussione e di commenti delle parti interessante, soltanto entro un anno ma ne ha già delineato i criteri e i contorni: ogni stato avrà target e standard diversi, che in media porteranno a cali nell'inquinamento del 25% nel 2020 e del 30% dieci anni dopo. Una seconda opzione alternativa prescrive obiettivi piu' limitati, una media di riduzioni del 24% entro il 2025. Una volta varato il piano prescelto, l'Epa ha indicato che i singoli stati saranno tenuti a preparare piani di attuazione della loro prescritta parte nella riduzione delle emissioni entro il giugno 2016 oppure l'anno successivo.
Stando alle stime dell'ente, le "utilities", le società dell'energia, spenderanno fino a 8,8 miliardi di dollari l'anno per rispettare le regole. Ma i vantaggi economici e in termini di costi per la salute saranno ben più alti: il calcolo dell'amministrazione va da 55 a 93 miliardi per il 2030. In quella data verranno inoltre evitati fino a 6.600 decessi prematuri e fino a 140.000 crisi di asma tra i bambini.

Le grandi associazioni imprenditoriali non hanno perso tempo nel criticare l'iniziativa come eccessiva. La U.S. Chamber of Commerce ha respinto le stime dell'amministrazione citando invece un esborso per le aziende da 50 miliardi l'anno. «È un immenso costo e peso burocratico imposto a chi crea di posti di lavoro», ha denunciato il chief executive della Chamber, Thomas Donahue.

L'amministrazione ha però cercato, in realtà, di delineare un compromesso a pochi mesi dalle elezioni parlamentari di metà mandato tra le preoccupazioni delle associazioni ecologiste, che vedevano finora disattese le loro istanze, e le richieste dell'industria, che aborrono un presidente interventista. Se il target della riforma è ambizioso, la diluizione dei tempi e la flessibilità nei modi per ottenere i risultati vengono incontro alle aziende. Il termine stesso di confronto per la riduzione entro il 2030, l'anno 2005, è considerato un tentativo di giocare sull'immagine più che sulla sostanza: da allora ad oggi le emissioni sono già diminuite, garantendo un vantaggio di partenza nel rispetto di nuove regole.

Quando si tratta delle modalità, gli stati potranno avere a disposizione un ventaglio di opportunità. Tra queste ci sono l'espansione della generazione di energia rinnovabile, il lancio di programmi per l'efficienza energetica, il coordinamento di piani regionali con altri stati e probabilmente anche un sistema locale di trading delle emissioni, il cosiddetto cap-and-trade tra aziende.

Resta tuttavia il fatto che intervenire sull'inquinamento e il cambiamento climatico è tornata a essere una priorità della Casa Bianca democratica in un difficile anno di elezioni. Obama aveva chiesto alla Epa di mettere a fuoco le nuove norme ora pronte nel 2010, in risposta a una sconfitta in Congresso di una vera e propria legislazione per la lotta all'effetto serra. Proprio le urne per il rinnovo del Congresso a novembre potrebbero avere un effetto cruciale per il futuro anche delle nuove regole: i repubblicani hanno minacciato di promuovere una legge che blocchi l'azione amministrativa della Casa Bianca e dell'Epa, ma questo sforzo rimarrà vano finché il Senato e' in mano ai democratici. Una conquista della Camera Alta, assieme a una prevista conferma del controllo della maggioranza dei deputati, cambierebbe gli equilibri consentendo all'opposizione di bloccare l rinnovato ambientalismo di Obama.

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